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EQUIPèCO, Ermini, Siracusa e le Volpi

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EQUIPèCO è un “trimestrale di ricerca e documentazione artistica e culturale” edito da Carmine Mario Muliere. Esce bilingue, italiano e inglese (qui il link). Nel numero 37 uscito di recente, si parla, fra gli altri, di Maurizio Cattelan, di Emilio Isgrò, di Prampolini e di futurismo. E di architettura, teatro e di poesia. Ci sono anche alcune mie poesie tratte da Le volpi gridano in giardino (CFR Edizioni, 2013) tradotte da Dominic Siracusa e prefate da Flavio Ermini. Ringrazio entrambi e l’editore per avermi ospitato.


La libertà dell’essere umano
(di F. Errmini)

Nell’ultimo libro di Stefano Guglielmin, Le volpi gridano in giardino, una poesia dice così: «Non c’è canto, lo so. Però il corpo / talvolta parla da solo, ama il fango / più della luce e cancellare tracce / darsi malato…». Dobbiamo considerare con attenzione questi quattro versi per comprendere il resto.
Guglielmin registra che viviamo immersi nella nebbia. Non vediamo il cielo, né la strada sulla quale stiamo camminando. L’opera è agitata da uno «stato di allerta», come spiega Paolo Donini nella prefazione; tanto da essere costantemente «dominata dall’emergenza».
L’esistenza è ricerca e indagine dell’essere, anche se l’essere non fa parte dell’orizzonte dell’esistenza. Quei frammenti di essere che la nostra esistenza giunge anche solo a sfiorare (l’amore coniugale, i conflitti sociali, la crisi economica…) non sono più l’essere. Accade per l’essere quel che accade al periécon, il confine conglobante nominato da Anassimandro: un confine che si estende nella misura in cui si estende la nostra conoscenza; un confine lontano che, ulteriormente allontanandosi, resta irraggiungibile all’umana conoscenza.
Le parole vanno sempre più usurandosi, a cominciare dalla parola stessa “canto”. La battaglia va condotta contro la barbarie del pensiero, ovvero contro la malattia di quel totalitarismo della mente che è pur sempre capace di impedire lo svelamento dell’essere.
Guglielmin lo sa e si riporta in vista dell’essere unicamente mettendosi in cammino, senza altro fine che un cammino esposto a tutti i contatti, formando con ogni aspetto dell’esistenza degli accordi, seppure fuggitivi e incerti. Nel farlo si affida al coraggio della parola, un coraggio che si rivela sempre conflittuale – muovendosi come fa la parola dall’alto verso il basso –, talvolta «senza canto», come annota l’autore stesso.
Siamo chiamati a muoverci secondo imperativi morali dei quali le leggi degli Stati sono solo una pallida eco. Sono imperativi che hanno a che fare con il nostro stato originario, quando le stelle erano ancora visibili e ci guidavano. Ora ci muoviamo nella nebbia e le stelle, quando ci è consentito di vederle, sembrano un puro ornamento.
Il coraggio della parola, sostiene Guglielmin, comporta la frizione e la sovversione. È difficile che il coraggio si manifesti là dove non si è disposti a pagarne le conseguenze. Restituire alle stelle la loro natura di guida, ecco il nostro compito. Acquisire una nuova consapevolezza poetica significa anche liberarsi delle decorazioni.
Le volpi gridano in giardinoè una critica radicale, svolta «con tutto il corpo», contro un sistema sociale che non mette in conto la libertà dell’essere umano e contro un sistema linguistico che riduce ogni attività al godimento o alla contemplazione estetica.


Stefano Guglielmin
Translated by Dominic Siracusa

From The Foxes Scream in the Garden

Perfect Figure

You say oak and kiss, expect
a fasting sky that clears.

Tongue sprawled on the stone
open you slide into the sleeping
animal: the circle looks like
a figure of love, perfect if
it doesn’t devour its offspring.



Everything Frays at Your Clamor

Suddenly, you keep the people
on their feet, you wed them
to the space of doing, like a seed
that dissolves the moan
in song, or in salute to the industrious city.

Everything frays, in fact,
at your clamor, laying on the summit
meant for us, if you translate
love into ring or chorus, yet
it has no name, often, the shade
where you hide bread and knife
and so the walnut, the only place
you hang the dead man’s suit.



Sometimes the Body

It seems the body consists
of many little potholes, empty nearby,
funnels, whereby life turns
and disappears. Instead the vast flight
of the species roars through that
gorge, the thorn that turns
grief into sage, and makes us clear.   


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