Il titolo di quest’opera prima, fermamente voluta da Stefania Bortoli, rinvia alla matrice simbolista e ungarettiana della sua ispirazione. Voci d’assenza(Editrice Artistica Bassano, 2012), infatti, c’introduce in una dimensione in cui il dialogo tra visibile e invisibile, tra mondo sensibile (la voce) e metafisica (l’assenza), riguarda la possibilità di partecipare all’assoluto, ma nella sua declinazione terrestre, biografica, ungarettiana, appunto. Sia la poesia d’esordio, oscillando tra “intermittenze” e “interminabile” quali condizioni del vivere e del conoscere, e sia la citazione dantesca, rinforzano tale ipotesi, sino a costituire le chiavi con le quali leggere quanto viene dopo: un sacro cipresso che non protegge più il nido, una ferita nel mese più crudele, una lama che lacera in cuore. Ora il naufragio s’è risolto, pare suggerirci l’autrice, sentendo la necessità di ripercorrerne la rotta, il “viaggio di ritorno”, trasfigurandolo, complicandolo di memorie più antiche, di letture che nel frattempo hanno arricchito la portata universale di quell’esperienza lasciata non detta nella sua piaga, ma straordinariamente ricomposta nelle due poesie che chiudono la sezione, A rossa apertura sangue della vita e Vera neve annoda nidi, belle per la loro capacità di uscire dalla cronaca e fissare, quasi in astratto, l’attimo in cui l’assenza diventa risorsa, anche se, non necessariamente, felicità. Il viaggio ha reso possibile la metamorfosi alla viaggiatrice, l’ha iniziata alla conoscenza. Ecco allora che essa si cimenta nell’haiku, la difficile arte del sapiente, nella quale rapidità del gesto e grandezza della visione coincidono. Troviamo ancora malinconia ed inquietudine in questi lampi, ma vissuti in una dimensione non più passiva, bensì fatti rientrare in un ordine superiore, che li giustifica perché in armonico contrasto con la bellezza della natura, con la pazienza del ciliegio, con la vastità della primavera. Se in principio la natura faceva solo da sfondo al dolore personale, ora l’io canta nella penombra di un grande albero amico, che fa sentire tutti partecipi della medesima energia vitale.
La seconda sezione, Altrove, si apre con alcune poesie di viaggio, una memoria che si ricongiunge con le poesie iniziali, che ci riporta in una dimensione di sofferenza: è “uno sguardo indietro”, per recuperare i fili lasciati sospesi e ricomporli infine negli haiku che chiudono, e sintetizzano, quelle uscite in terre nuove, laggiù, compiute per rifondare l’ordinario, ma prezioso, quaggiù. Che è ricco di presenze, come ci ricorda la sezione successiva, tutte familiari, umane ma anche animali, come Lou, la gatta viaggiatrice, attraverso la quale Stefania ha modo di citare la grande poesia provenzale e Dante (con la sua “lingua del sì”), ma anche la sorella Chiara, le cui parole danzano nel testo, trasmettendo gaiezza e voglia di lottare, di muovere serenamente “verso il mare”, approdo di un libro nel quale l’invisibile sfuma via via in uno spazio concreto, finalmente abitabile, dove ricucire l’origine d’ogni esilio, il legame con la propria madre, fedeli entrambi alla vita e alla Terra, genitrice d’ogni possibilità e destino.
Dalla prima sezione Viaggio di ritorno
Marina Cvetaeva
Intermittenze del tempo
sospensioni in ascolto
nel silenzio bianco
diventano percorso
singolare nella prossimità
dell’interminabile
**
A rossa apertura sangue della vita
vocale porpora scarlatta
balbettio di suoni che fecondi l’esistenza
se la prosodia materna è aperta morbida.
Trasformi l’assenza se i tuoi ciottoli di fiume
giocano con le tue piccole mani
risuona la parola nuda
né troppo vicina né troppo lontana l’amata presenza.
Singolare e plurale la mancanza
a mano a mano libera la paura dell’assenza
scoprendo l’invenzione e l’incontro con/diviso.
**
Vera neve annoda nidi
se la terra scura veste l’inverno.
Solo i merli cantano i crepuscoli
se i sentieri seminano sogni
avranno ritorno.
Eccomi oltre i giorni
più non sono.
E tu forse sapevi che l’attesa dell’angelo
scavando l’ombra liscia la pietra.
Dalla terza sezione Presenze
Percorrono l’altro sentiero
radici fuori dal tempo
la morte annunciata
è presente nell’addio
nell’abbraccio agli alberi.
Eravate natura
legati come l’albero alla terra
noce, pioppo,tiglio, quercia,
deserta sconfinata sola sulla collina
morèr mare
… maredèmaredè
Nello specchio vedo solo
il mio ultimo volto
morèr mare…
maredè… maredè.
Notte di capodanno
Nell’intervallo tra memoria e desiderio
camminiamo senza indugio
tra la neve gli alberi
fino al giardino la prima neve
annuncia l’infanzia
le bianche rose senza perché.
Carezza le mani la gioia intera
piumaggio di magnolia
questa notte di poesia.
Chanson de Lou
Il tuo corpo nero aveva odore di campagna
ma gli umani ti vollero viaggiatrice.
Dai Pirenei alle azzurre stanze
dove si parlava a passo di danza
lingua d’oc d’oil
non mancava la lingua del sì.
Uno deux trois, natura felina
sognavi balzi parigini
cieli audaci occhi profondi
sui tetti era la notte pupille d’agata.
Una notte di settembre
Chiara disse - andiamo -
porta con te il filo d’allegria
l’elastico dorso vibra
anche nel sonno
ordisce la trama
dipanando la matassa.
La storia nel verso appare
cercando falene
falce di luna rossa
il tuo ultimo autunno fedele alle foglie
e alle stagioni.
Quieta osservi il fruscio del merlo,
mutano i fili d’erba, sei vivo prato
insieme ai petali rosa del primo ciliegio.
Haiku
Luna d’inverno.
Il silenzio lima le betulle
la volpe attraversa la neve
Qualcuno ha bussato?
Il battito del tuo cuore
in cerca della mia poesia
Fiume carsico
l’acqua scorre sotto
nella profondità la mia inquietudine
Nel tempio di Borobudur
gli anni vanno errando
cammino nel mio mandala
La metamorfosi della vista...
al mattino il mio sguardo scrive
sui volti di pietra di Bayon
Tempio di Angkor Wat –
ascolta, mi perdo nel tempo
sento la presenza del mistero
Immagine orientale:
canta il pescatore di fiori di loto
immerso nel fango nel lago rosa
Lapsus...un raggio di sole
come un arcobaleno
in un labirinto
Nella memoria del corpo
la scrittura interiore
decifra la profondità del mare
Stefania Bortoli è nata a Thiene (VI). Si è laureata in Pedagogia con una tesi di Estetica e Psicoanalisi.
È stata segnalata alla Premio Lorenzo Montano, edizioni XXI, XXIV, per la sezione “Una poesia inedita” e nell’edizione XXV, per la sezione “Una raccolta inedita”.
Sue poesie sono presenti sul giornale on-line Tellusfolio e nel libro Orizzonte terraqueo, a cura del Laboratorio di Lettura e Scrittura poetica di Artemis.
Il libro Voci d’assenza (ed. Editrice Artistica Bassano, 2012,) è stato segnalato con Menzione di merito alla XVII edizione del Premio Nazionale di Poesia Achille Marazza - Opera prima.
Insegna lettere al Liceo Artistico di Nove e vive a Pove del Grappa.