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Elizabeth Schön (di Erika Reginato)

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Elizabeth Schön: la luce della poesia venezuelana.

Erika Reginato

 

Ogni uomo richiede quello che è infinitamente inesauribili.

Dal vecchio contadino (1983), Elizabeth Schön

 

Lo scrittore Gustave Flaubert scrisse nella sua corrispondenza: “La poesia è precisa come la geometria”. Si referiva all’esattezza della parola nello spazio appropriato.

Scrivere su la poetessa Elizabeth Schön (Caracas, 1921-2007), è un compito interminabile. Premio Nazionale di Poesia 1994 e Premio Comunale di Poesia (1971), è stata la poetessa onorata alla X Settimana Internazionale della Poesia (2005), organizzata dalla Casa Pérez Bonalde di Caracas. Poeta che ricordo nel centenario della sua nascita, nella fotografia del suo angolo prezioso nella sua casa nel quartiere Los Rosales. L'importanza della sua poesia ha attraversato la storia della letteratura venezuelana del XX secolo. È stata la prima poetessa venezuelana a scrivere poesia in prosa nella scoperta del modernismo insieme al maestro J. Antonio Ramos Sucre.

La poetessa scrisse temi legati ai valori umani, alla filosofia e all'interiorità, tra i cambiamenti del linguaggio nella geografia di un paese in continuo movimento.

Nella sua opera poetica, irrompe il verso, la linea e il punto che sostiene la parola. La sua poetica è la continua ricerca della immagine come nel libro “La cisterna insondabile”, (1971), dove i versi si concentrano sullo sfiorare del vento e si riversa nella terra del tropico: La parola/piccola nuvola, /piccola varca /percorre gli estremi /del cielo e della terra/portando con sé /quella prima e unica offerta /quella da dove sono nati /astro / erba /palpebra sole…

E sotto il cielo venezuelano, segue lo stupore e nel mare scrive nel libro “Il nonno, la cesta e il mare” (1965):

Una notte che pioveva forte, e li ho chiesto: Che era il silenzio? Per rispondere, aspetto che finisse lo strepito di un tuono, ma nel preciso attimo che comincio a parlare, un altro lampo splende e il tuono esplose (…), e non ho saputo quello che aveva detto…

Nello spazio bianco e nella dimensione immensa della carta, il verso è concepito nell'universo di Elizabeth Schön: l'inizio del sogno non finisce nella realtà del linguaggio che ci parla dall'orizzonte. La notte è l'ultimo splendore dove la pietra si arrotonda e prende la forma della punta, si riempie di silenzio e quella punta è una pietra. La parola è minerale. È unità, un insieme di suoni che sono inseparabile nell'armonia della parola poetica.

Senza poter separare questa unità, che è un esercizio poetico, il principio che coltiva la poetessa Schön nel suo giardino e nello spazio, evoca il bisogno che ha il punto del silenzio e del suono di ogni lettera che si materializza:

Il punto graffia

Su

la consolazione è blu

Il punto spinge

entra nell'orizzonte vergine

fino a essere doppio

Si accetta anche doppio.

 

Dal primo puro istante

dal tempo delle tenebre.

 

In Elizabeth Schön, la poesia è un lampo nel silenzio che comincia a manifestarsi nell'abisso creativo, cioè da quel nulla che è completamente riempito: I punti /sulle quiete vette dell'abisso (...)

Il sole

Acqua

La brezza

gli uomini

Un punto

Un altro punto

e un altro punto

anche, chi non arriva.

 

(Aún el que no llega, 1993)

 

 

 

Quel battito del sangue

senza altra vicinanza che il vento.

Quella faccia contro gli spazi

defogliando serenamente

verso l’interno

dove l’impronta non cede,

della sua indistruttibile

rassegnazione.

La pietra permane

così il fragile si sostiene.

       

(Ropaje de ceniza, 1993)

 

Cammina con lo

sguardo attento,

possedendo la densità

del mondo,

l'intimità del fogliame.

In ogni occhio,

in ogni penombra,

ciò che desideriamo

viene versato.

Perché la luce non è mai un’altra

né l’oscurità è diversa.

 

(Antologia poetica)

 

E mai l’altro fiore

 

Parliamo d’amore

e ci affoga

la bianchezza dell'esatto.

Così la finestra del fiore

irraggiungibile.

Alla barca non si richiama

arriva a terra

senza nessun faro che illumini.

 

 (La flor, el barco, el alma, 1995)

 

Che sarebbe la poesia?...

è una stella…ogni volta che il

poeta è trapassato da lei,

prende la penna e trova la carta

dove abbandonare il suo pensiero…

il suo pensiero sembra

lo splendore di una stella…

non è mai opaco per la vita…

sempre, come la pietra con la quale inciampammo

il foco è la luce che si opaca e stringe l’ave  

e continua a essere stella.

 

(Visiones extraordinarias, 2006)

 

 

 

 

Traduzione Erika Reginato

 


Elizabeth Schön, (Caracas, 30-11-1921- 15-05-2007). Poeta, scrittrice di saggi e teatro. Alcune delle sue poesie sono state raccolte nella Antologia Poetica  1963-1995 (Monte Ávila editores latinoamericana) e altri libri in spagnolo:  La gruta venidera ( La grotta futura, 1953), En el allá disparado ( Oltre lo scaricato, 1962), El abuelo, la cesta y el mar (Il nonno, la cesta e il mare, 1965 e 2004), Incesante aparecer ( Incesante apparire, 1977), La cisterna insondable (La cisterna insondabile, 1971), Mi aroma (Il mio aroma, 1971), Casi un país (Quasi un poese, 1972), Es oír la vertiente ( Ascoltare il ruscello, 1973), Del antiguo labrador ( Dal vecchio contadino, 1983), Concavidad de horizontes (Concavo orizzonte, 1986), Ropaje de cenizas (Vestiti di cenere, 1993), Aún el que no llega (Anche, chi non arriva, 1993), La espada (1998), Árbol del oscuro acercamiento (Albero dell’oscuro avvicinamento, 1992), Campo de resurrección (Campo di resurrezione, 1994), La flor, el barco, el alma (Il fiore, la barca, l’anima,edit. La diosa blanca,1995), Del río hondo (Dal fiume profondo,2000). Ráfagas del establo (Lampi dalla stalla, 2002), Las coronas secretas de los cielos (Le corolle segreti del cielo, 2004), Visiones extraordinarias (Immagini estraordinarie, 2006), Luz oval (Luce ovale, 2007), il saggio La granja bella (La fattoria bella, 2003).

 


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