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Poesia e Luogo: l'esperienza della parola poetica

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Scrivere poesia ha molto a che fare con l’abitare il Luogo, con il farne esperienza. Luogo che alcuni poeti chiamano origine: fare esperienza dell’origine, dicono, è garanzia di autenticità. Penso a Pascoli, a Saba, a Pavese, a Pasolini. In loro, origine è fondamento, ciò che giustifica la parola autentica, quella che ci riguarda propriamente. Affinché Origine sia Luogo, tuttavia, così come lo intendo in questa riflessione, occorre pensarla slegata da qualsiasi metafisica, da qualunque struttura oggettiva, esterna alla propria collocazione, appunto perché, ontologicamente, l’essere qui del mortale e il Luogo si danno insieme, in una radicalità che risponde o, heideggerianamente, cor-risponde al bisogno di stare al centro di qualcosa. L’uomo, infatti, è un essere mortale che esperisce, sin dal principio, la dislocazione dal centro e il lutto per questa esperienza. La presenza, in altre parole, è trascinata nel luogo, portata fuori nell’aperto spaesante, in una vertigine che chiede di essere ricomposta: non si fa esperienza del centro, bensì del continuo cadere fuori dal cerchio e del tentativo di restare in piedi.

 

Ogni volta che il poeta parla, ogni volta che chiunque di noi parla davvero (non ripete il già detto, ma si misura con la vertigine della propria esperienza finita), lo fa da un Luogo-origine dislocante, da uno scarto dalla continuità anonima e collettiva, che rende la sua parola originaria ossia avveniente per la prima volta nel luogo in cui esiste. E il luogo è per la prima volta pronunciabile, prendendo la forma del paesaggio, del sentimento, della storia e della logica, ordinati o devastati o addirittura assenti a seconda della cesura in cui uomo e luogo, traspropriandosi, diventano linguaggio. Anche il rifiuto di dare forma al testo, di leggibilità, risponde – prima che a una scelta di metodo – a una precisa straspropriazione di mortale e Luogo. Anche questa è un tentativo di tradurre in linguaggio la propria dislocazione ontologica. Ed è lì, per tutti, in questa tensione-torsione che l’esperienza significativa prende corpo. La poesia parla di questa avventura dis-locante anche quando nomina il mondo; altrimenti diventa ancella di altre discipline, figura di secondo grado, strumento di dominio, gioco inessenziale.


Qui il video.


con le parole di Lucrezio (trad. di Milo De Angelis) Maurizio Landini Stefano Guglielmin Ana Garría Laura Di Corcia Francesca Saladino regia fotografia musiche montaggio post-produzione Carlotta Cicci e Stefano Massari


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