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Alessandra Carnaroli: microantologia

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Prefazione di Marco Scarpa


Alessandra Carnaroli ho cominciato a conoscerla con la raccolta intitolata “Scartata”, finalista al premio Delfini nel 2005 per poi riscoprirla con il suo “Femminimondo”, edito nel 2011 dalle Edizioni Polimata di Roma. Quest’ultimo libro mi ha fulminato e credo sia un libro destinato a rimanere pietra salda nel micromondo poetico e merita una contestualizzazione appropriata.
Come di consueto vorrei prima scavare tra alcuni scritti precedenti per cominciare a dare una mappatura degli orizzonti letterari di questa autrice.
Tra le pieghe della raccolta “Scartata” si insinua un germe, un nervo scoperto, “un avanzo tra i denti” come lo ribattezza Alessandra Carnaroli, che tenta di identificare e chiarire un universo di meccanismi inceppati, situazioni compromesse, pensieri e azioni che si consumano, arresi e legati. Qualcosa non procede per il verso giusto e sono forse alcune regole imposte, alcune abitudini generalizzate, l’uniformità dell’agire comune a stimolare la ricerca poetica da cui traspare sia una forma d’analisi ma soprattutto un’indignazione randagia, uno sdegno che non tace. Tornare è parola chiave all’interno dei versi. Un ritorno dalla forma non del tutto definita ma orientato ad un passato, a valori antichi, ad una semplicità maggiore e ne fuoriesce un’indagine desolata ed impietosa verso i tempi moderni. “Ripartiamo terra”, scrive l’autrice, e sembra un invito a caricarsi in spalla quei denti sempre attivi, quei morsi obbligati. Ripartiamo e non strisciamo “fino al bar centrale” dove non rimane che “imbottirsi d’erba e sigarette”. Le citazioni riguardo a beni di consumo (le scarpe adidas, la camicia sangallo, le nike, i jeans, whinny the pooh) sono molte e l’intento pare essere di denigrare questi nuovi oggetti essenziali, esplicitando come siano epicentro attorno al quale ci muoviamo per non allontanarci troppo.
Rimane dunque una matassa di versi  rivoltosi, una tensione ed una indignazione che mostra un’autrice con l’occhio attento verso il sociale e verso quanto accade intorno per cercare una nuova coscienza, forse un rispetto maggiore per sé stessi.
E dunque il passo non è poi così distante verso “Femminimondo”, l’ultimo libro che però si focalizza sul macrotema della violenza che molte donne continuano a subire nei modi più svariati.
“Cronache di strade, scalini e verande”, così identifica questi versi Alessandra Carnaroli e tra le pagine del libro emerge una struttura chiara. Nelle pagine di sinistra poche note attorno ai fatti (realmente accaduti), nelle pagine di destra la poesia fa i conti con le colpe mentre nel mezzo e quindi ovunque si situano le donne.
Scrive l’autrice “raccoglievo articoli di giornale, ritagliavo fotografie di scarpe aperte e piedi duri, inviavo mail, ascoltavo voci di donne che stingono i denti e di donne che li perdono sul pavimento. Ho scoperto che le botte si danno sempre al presente. Che non ti pisciano addosso col congiuntivo. Che quando hai un coltello puntato alla gola la grammatica si spacca, come unghia e pelle. (..) Una cosa è certa. Le mie donne non ce l’hanno fatta.”
Partire da fatti realmente caduti e non essere solo cronaca, sfuggire la banalità, la retorica, in questo è riuscita Alessandra Carnaroli e nei suoi versi non (ci) ha risparmiato nulla. Come d’altronde giustamente deve essere perché le parole possano essere segnali più forti dei colpi inferti e spesso dimenticati. Da questa lettura non si scappa, è dolorosa, nuda e cruda, la violenza riemerge come se non se ne fosse mai andata ed è ripugnante quanto scritto ma incute pure rabbia, consapevolezza, voglia di resistere. Questi versi non si innalzano, rimangono bassi, ruotano attorno al presente e non mostrano un orizzonte nuovo, un domani felice. Questi versi non celano il lato buono, la libertà acquisita né fanno intravvedere certezze e rinascite e così facendo ci lasciano immersi dentro questa realtà, entro questi limiti umani, entro questa inciviltà.
Nei testi trovano spazio le vicende più varie, dal padre che stupra la figlia, al romeno che uccide la moglie a coltellate, fino alla minorenne violentata dal branco. C’è l’intero panorama delle violenze qui esposto in cattiva mostra. Accanto a queste violenze, le motivazioni ad esse legate sono spesse tralasciate o rese ancora più improbabili eppure vere proprio perché la ragione sfugge dietro a questi sfoghi, a questi istinti irrefrenabili. Spesso la brutalità pare figlia di una eredità sociale da cui fatichiamo a distaccarcene del tutto, pare quasi “naturale” la predisposizione ad agire con azioni assurde.
Cosa può dire dunque la poesia oltre alla cronaca giornalistica?
La poesia non mostra ma evoca, non spiega ma ripone lo sguardo altrove e d’altronde le spiegazioni servono a poco in questi casi, rimangono i fatti e forse la poesia riesca a scavare oltre la prosa dove qualcosa si perde se siamo di fronti ad una violenza che stentiamo a credere/capire possa accadere a due passi da noi. Lì dove la prosa si sgretola, la poesia tenta di restituire queste immagini crude insinuandosi tra le visioni ed i pensieri che increspano la mente umana in quei frangenti.
Il linguaggio rimane rasoterra, semplice, essenziale, spesso farcito di errori grammaticali quasi a sentenziare che le colpe provengano dall’ignoranza, da una mancanza di cultura, da riferimenti deboli a cui sorreggersi nei momenti delicati. E visto che spesso ci sono bambini di mezzo, la scrittura cerca anche di mimare la voce con parole proprie di un’età infantile, errori comuni come “rompersi i diti” e così facendo ci pare ancora più vicina la vicenda esposta.
Altro dato è la visionarietà quando l’autrice tenta di immaginare cosa possono mai pensare questi uomini quando commettono tali scempi. Immagina così l’uomo che da fuoco alla moglie intento a pensare che ora si scioglie “come la neve sul terrazzo” o l’uomo con la spranga che si interroga:  “lei di cosa si è accorta / non si è accorta di niente / del buco nella testa forse”. Sono pensieri malati, frasi di pazzi, uomini che conservavano il raptus nella testa pronto a colpire e di questo spostamento mentale fatichiamo a rendercene conto. Gli uomini sembrano e sono mostri, appaiono distanti dalla realtà mentre le donne raccontate sono legate alla vita, alla realtà, con i piedi per terra, ancorate al quotidiano eppure il finale è l’inverso, con le donne catapultate nella morte e gli uomini che cercano le scuse e le colpe altrui per le proprie nefandezze.
Anche questo è un altro aspetto su cui Alessandra Carnaroli punge il lettore/spettatore. Parere comune è spesso che le colpe siano anche delle donne, donne che stimolano gli uomini, che si vestono in maniera seducente apposta, donne che invogliano all’istinto animale l’uomo che non sa trattenere le sue voglie. Si leggono tra le righe alcuni pensieri degli uomini: “le donne c’hanno un po’ di responsabilità anche loro”, “delle volte le vanno in cerca”, “allora i mariti si devono difendere / bisogna che fanno capire chi comanda / bisogna che ci sono delle regole”, “no che chiedono subito divorzio”.
E peggio ancora l’uomo italiano, vicino di casa di un marocchino che picchia la moglie, che tra sé e sé mugugna: “loro fanno presto a farsi ubbidire mica come noi / che alle donne le dobbiamo riverire / come alle regine”.
Questo è il pensare comune da cui l’autrice cerca il distacco, cerca lo scontro, tenta l’accusa perché è impensabile che dopo violenze del genere, ci sia ancora qualcuno disposto a credere che “ le donne qualche volta fanno così / la fanno più grossa di quello che è”.


Da scartata (finalista Premio Delfini 2005)


gazza ladra (tesoro mio)


che riprende il lenzuolo nello specchio
-dentro mi guardavi, io cavata
da un buco di letto-
che trascina dal manico borsette
d’amore acido,
crema al cucchiaio:

al cucchiaio le
mie punte storte-
  senza più denti, ora
rimane il davanzale per beccare.

i capezzoli cadono dalle orbite
e perdono un filo di latte:
    coda
intera e luccicante:

fanno il nido sulle gambe
di rami
 depilati, e capelli
saltati nella doccia.

umido frigge
di colate glitter
il cambio degli uccelli, nel cilindro
del cappello:

adesso, a giro, vola un canarino.










 


in buca:



*

butto via il maalox
il liserdol
il famodil
il serenase

e tengo la tua extrasistole
che mi ferma le mani
svuota le orecchie
le mie borse
le strade

e tutte lechiese,
diventa il buco
nel muro di dio,

si riempie d’occhi:




*



40°

secchi
 svisti
  spogliati
   a uno stendino
carico di mezze maniche nike

e tu m’apri allo specchio
la cerniera sul petto
e guardi al contrario il mio cuore destro
ha messo su il seno in proprio adesso
gonfiando le vene in due nodi grassi:

patto caldo tra noi e il boiler,
spie rosse a osservare




(colpi) d’aria


1  
  
   dura la rosa
coi petali girati fra i capelli
 elica
da orecchio
otite in un sol colpo
d’aria
 spruzzo
per fronti
sfregate

d’odore

e schioppi
porpora
puntati sui seni


2

    è perfetta, l’aria;
sbatte le gambe
sui fili tesi
che si telegrafano
fughe di piccioni

   qui sopra materassi a fiori d’autostrada
seduta regina eminflex e ghiaia per lenzuola
due sessi in un’aiuola
  e gomme allacciate ai motori

   addosso respiro di pancia
e colla per fiati mozzi:
cinta ombelicale sul più bello strozza
l’onda di voglie spray
   & morirsi
impiccati
  alle gambe




Da Femminimondo(Polimata 2011)


sette agosto

turistafrancese

violentata

a
dopo serata
a

da

turistafrancese

hai bevuto moltissimo e quindi ti posso scopare
ti metto contro il muro tanto anche io ho bevuto
e te lo metto dentro molto forte perché tanto non senti niente
l'alcol si usa anche per il mal di denti
per disinfettare gli orecchini prima di metterli 
per accendere il fuoco alla svelta
viene il sangue vuol dire che ho rotto qualcosa
tipo la pelle la pancia
forse ho bucato un polmone
allora ti sgonfi
gli occhi ti vanno all'indentro le tette anche
e non sei più bella come prima e sporchi
quindi è meglio se ti lascio qui
e ti trovano domani mattina
quando il sangue ha finito
di farti i capelli come il legno
ti fanno una croce
che non ti stanno neanche bene
eri meglio prima







 *

 

donna 

uccisa 

in casa

sua

da



ho messo le bambine da un parte 
ho lavato i piatti così ero a posto potevo anche vedere la televisione sul divano
potevo uscire dicevo che andavo a buttare via l'immondizia fumavo
invece è arrivato da dietro e io gli occhi dietro ancora non ce li avevo
mi sono venuti dopo sul collo
mi  sono venuti rossi come quelli dei conigli
che ci devono vedere sotto terra
se ci sono le carote
se no muoiono di fame
e le mie gambe
che stanno una a est una a ovest sul pavimento
sono le radici del forno 
le foglie sono cascate un po' intorno
adesso la cappa le aspira insieme all'odore di fungo




*


mercoledì

trenta giugno

uccide

l’ex e l’altra


ne ho fatte secche due e adesso m'ammazzo
scusate se gli ho rotto la faccia
gli ho fatto i buchi
sotto le guance per farci passare l'aria
gli ho tolto gli occhi per non farle invecchiare


è entrato come un rospo dalla porta di dietro io lavavo i piatti della colazione il cane non ha detto niente gli ha mosso la coda l'ha riconosciuto io pensavo adesso questo cosa vuole
vuole fare pace vuole un altro bacio
vuole un biscotto
gli ho appena tirati fuori dal forno
gli do un biscotto e lui dopo va via subito mi lascia stare mi fa tornare
alle tazzine con lo zucchero attaccato
e invece quello si toglie un fianco e me lo punta contro
come se al posto dell'osso
c'è la punta del suo cuore marcio
che butta sangue
e mi scrive sulla fronte
brutta stronza te la faccio pagare
e sotto comincia a passarci un fiume


mia figlia non ha visto niente
lui ha fatto cucù dalla strada come se era un orologio rotto
che segnava l'ora sbagliata
e invece di uscire un uccellino
è uscita la sua mano di ferro
e il becco mi ha bucato il collo
per fortuna che mia figlia non ha sentito niente
hanno suonato appena le otto




Inediti Prec’arie(finalista premio Miosotis D’If edizioni 2011)


Al mercato di ballarò ci porto
Enzo/le scarpe da calcio/un giubbotto del 2008
Pesante col collo
Di finta volpe
Furba
La fornero piange
Sui tagli i sacrifici
Il fornello incrostato di sugo
Il bicchiere di plastica
Mastica
Mio figlio
Uno suola
Rimasta/308
Euro di affitto
Almeno un tetto
Sulla testa
Una seggiola pieghevole
Per risparmiare spazio
Astronauti in assenza
Di stipendio
Vendono
Shuttle
Bombole di ossigeno parzialmente usate
immagine cristo fotocopiata a colori
1 telecomando
collanine



2

fatwa
amina mentina
scartata fresca
mal che vada
lapidata
per gli appunti appesi
tra le braccia (da cap*****o a cap*****o)
copia/incolla
taglia (sullatesta su la testa)
cut(e)&paste
si protesta come
saracinesca come rivolta
che dà sulla piastra come
benda che casca
come peste (un dito in meno
a capo
coperto
(donna) tasca
tu uguale tu marsupiale- tu solo
utero e
dentro pietre-dentro mitra-dentro trita
denutrita in fame d'africa/infame
figa)
sotto
lastra
di polmone scrittoin
tunisino
corpo18



3

Non ci fu dolo
solo
la scomparsa
di un lamento gatto (meahu)
un pezzo di muso
un baffo /vibrissa per ritrovare
l'occhio
compasso (fa un giro su se stesso come orbita e
iperspazio/punto sigma dove accosta il banco
formaggi/ isolati allunaggi
appena pena surgelati
i nervi )
angoli (del viso) al collasso
mezza scatoletta
di umido avanzo
squarta in letale abbondanza
(di schianti)
il quarto di fabbrica
rimasto



Da Annamatta 467 membri(finalista Premio Delfini 2013)


anna mattaspaventa bambini
insegue femmine per strappargli i capelli,
uno a uno o a
ciocche come rametti
di salvia per arrosti amante
di soldati, uomini bestie/ gatti a gattoni
sul davanzale dove l’anna si presta
comecapra sacrificio
per pulire le scale mostre.
gli angoli vespe
altre paturnie

io l’ho vista trascinare col triciclo
una bambina             maira
sul selciato
la madre che gridava e la piccola
diventata scarpa
sfuggita per un soffio alla terza guerra. 

L’arma del Soldato Futuro è il fucile d’assalto ARX-160in calibro 5,56 mm munito di lanciagranate da
40 mm GLX-160



*


a otto anni mi ha costretto a cantare insieme a lei
"la gallina ha fatto l'uovo"
dopo che mi aveva bloccato con la sua bicicletta
io per evitare il peggio
che magari cosa so mi rapiva mi portava a casa sua
tra lo zucchero i ragni
le sue cosine nel fazzoletto il rossetto
allora ho cantato                                               coccodè


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ma soft
gomma bollente
benzina e fiamme
vetro come figlio
posizionato storto
come parto
come guerra
questa donna
resa collo
resa colla
come merda evasa
nella fanga
si diserta e si deserta
cerca forma di vagina avanza
cerca la sua panza
per ricostruire il mestruo
una digestione apparente
apparato riproducente
sangue e pelle
in avanzato stato interessante
avanzato incessante
di sperma che infesta
diserbo e scordo
signor tenente




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