Uscito postumo nel 2010 a cura di Marika Bortolami per il ilmiolibro.it, Molto spiacenti, Sir di Fabrizio Pittalis ha trovato ampia ospitalità in rete e sicuro consenso. Le poesie più mature evidenziano grande maestria ritmica e immaginativa oltre che la propensione a ricostruire il mondo con sguardo innamorato e materico insieme, che sa cogliere i particolari ("tutto un mondo in piccoli particolari") nella loro massima luminescenza, esattamente l'attimo prima che dirupino e scompaiano. Forse la malattia e di sicuro la sua grande capacità di osservazione hanno fatto di questo poeta un cantore della luce quando corrode le cose e le fa splendidamente mortali; una voce che stempra il tragico di questa verità con un impagabile senso dell'umorismo e una tenerezza che commuove. Pascoli ci troverebbe lo sguardo del fanciullino, ma di un fanciullino che avesse visitato l'inferno e ne fosse uscito "con il corpo di muschio" e "la testa a sonagli": creatura che mai sarebbe riuscita a confondersi con la piazza e destinata perciò a una solitudine esistenziale, forse amplificata dall'indole consumistica del turismo continentale in Sardegna (a questo proposito si veda la poesia intitolata, in un inglese 'parlato', Sammer on a solitari Ailand).
In un appunto inedito del 2003, Pittalis parla della propria immediatezza punk, "figlia della disperazione portorrese" (a conferma di quanto detto sopra), ma anche della sua passione per le parole, per i loro suoni, e questo fa di lui un poeta del significante, moderno, anche se lui non amava lo sperimentalismo della neoavanguardia, forse perché lo avvertiva come il prodotto di una casta intellettuale, lui che si sentiva invece ancorato alla vita, pur sapendo "che si va per tutto il mondo spettinando un po'": è una brezza la vita, che però asciuga e chiede "falsi / allarmi umoristici" e vie d'uscita in cui sia ancora possibile stare insieme, magari dimenticando "calce viva e piedi sporchi". A questo proposito, di lui si potrebbero usare le parole di Pasolini scritte su "Officina" a proposito di Massimo Ferretti: "Il suo sperimentare non è altro che il suo attaccarsi alla vita".
La ricerca di una comunità degli animi lo portò a fondare il gruppo "Karpòs", al quale aderirono, fra gli altri, Alessandro Ansuini e Silvia Molesini. Gruppo che fece conoscere per primo le sue poesie e sostenne il progetto del libro, assieme alla Biblioteca Clandestina Errabonda di Parma, che ne curò la grafica, l'elaborazione e l'impaginazione. (citare sito). Quanto fossero importanti gli amici ce lo racconta lui stesso, in un capitolo in cui riprende alcuni loro testi, infilando "alterazioni o semplici mescolanze" così da "figliare" nuovi testi, legati agli originali. "Un giochetto – scrive – che mi sta emozionando un mondo". L'ultima sezione di Molto spiacenti, Sirè un racconto dal richiamo psicoanalitico, Invidia del pene, e dal sapore onirico-sperimentale, che ricorda il Pasto nudodi Borroughs, ma pieno di immagini originali e in linea con il sentire delle poesie. Un racconto che meriterebbe maggiore diffusione e riconoscimento, così come queste poesie, fatte conoscere da suo padre Luigi, con la sua semplicità e pazienza.
Dura Jole
Se in ogni modo tieni duro le parole
e dappertutto cadono i capelli
la punta della lancia te la tieni in tasca
e accechi l'angolo dell'occhio
accechi delicata la mancanza d'alleati
triangoli schiacciati senza voglia
sui tuoi cigli ( così diresti, forse in modo
involontario) strade impraticate
per sorprenderti legarti in basso
per risucchiati a strozzo dentro al tubo dello scolo
Jole - sudandoti ti chiamano le pile
i prati da lavare ad aspettar distesi
il sole lì tutte le sere tutte che s'assolve
l'orizzonte divorando e l'imbrunire pure.
Sai bene ( e ciò ti scuoce ) che si va
per tutto il mondo spettinando un po'.
(09 / 01 / 07)
Irreparabile
Mi portavi alla campagna per
un giorno vuoto
veloce e rustico
proprio quello che ci vuole
hai detto.
Io cercavo
nonostante le promesse di star fermo
e con la testa sopra il collo
nelle pietre un bel canguro
una forma da notare di leopardo
mi sentivo come fossi appena partorito
visto e rivisto
straordinariamente vecchio
dentro agli atomi nell'aria
mi guardavo di nascosto.
Godevamo degli sbuffi degli scherzi entrambi
solitari, belli e cristi
dermatologicamente quasi muti
sulla fronte
non avevi niente altro che una piccola eruzione.
Se non fosse stato per la prosa degli occhi
non saresti mai riuscita a scovarmi.
Me l'avrei forse cavata
col bluastro d'un cielo d'inchiostro
un agire da latte e biscotto
tra i ricordi delle elementari
così romantico
con un paio di stampelle sentimentali
avanzando
tra un quiproquo ripetuto di falsi allarmi umoristici
nascondendo ben dentro il cappotto
il mio corpo di muschio
la mia testa a sonagli
con viso da barbapapà
ed un cuore
che a schiacciarlo fa
piii-pò
( 14 / 03 / 2006)
Annusando certe crepe dell'estate
Non fu fuoco sulla faccia
forse solo terra dura
crivellata
sotto il peso della vita
dell’“Avanti!” dell’erbetta…
Dolci visi angeli morti
grossi rospi intermittenti
mai del tutto seppelliti tra i tendaggi
-- tutto un mondo in piccoli particolari --
costole di cani
infiniti lunghi spettri
luminosi di corolle e fiori informi
incagliati per scurire i tuoi ricordi grano e luce in un colore.
(le due cose stanno sempre insieme)
...
Per aria al mercato…
Un inferno di grucce e stoffe…
Fruttivendoli poco commossi per il calore dei pomodori…
Passeggiavi…
E sfocava l’avvinghiarsi sessuato delle voci
pietre grosse troppo leste a sbriciolarsi
se il tuo dito se n’andava alla ricerca di qualcosa che piacesse
se s’apriva luminoso il paradiso in un momento principale
e saltava
luccicante
subitanea si squarciava la città.
...
Tutt’ignari dei pericoli i volatili ci sembrarono i più vivi
voli viola a capofitto scuri
volteggiando
negli sforzi delle nuvole e nel sole
e col fuoco del fornello dopo acceso azzurro in quel bel giorno
facevamo le scarpette lungo i fondi delle pentole
dimenticando tutti calce viva e piedi sporchi
l’altrui colore sempre più lucente
denti bianchi sani e forti
e un’altra nota non poco importante
il nostro essere incantata inconsapevolezza
il nostro buon funzionamento umano.
...
Dovette piovere molto sul clima indorato di quei giorni
ci muovemmo mosche negli occhi
fessi
caldi dentro ad illuminazioni e soli assenti
decapitati nelle intenzioni delle luci
e alcuni giacevano morti
e un morto canticchiava fra sé e sé.
Non si capiva il vespro
l’accecarsi nella luce attonita
il nero invadente sotto gli ombrelli nel sapore dorato dei corpi
dei sogni rubati ad immaginazione dalle menti degli altri
non s’avvertiva che poco quel sale sugli occhi
la vaga sensazione erotica
di madri felici cullando cullando fagotti di figli inesistenti
ma a noi la materialità non importava
la luce falsa
profeti indossammo del tutto anche noi i nostri occhiali fumé
e ancora nel sole altri corpi
cumuli di mani nel sudore nudo dei petti
agnizioni squarciate di brevi momenti percossi
i figli dei figli dei figli giocavano ai morti
e un cane canticchiava fra sé e sé.
...
Moriva
da lontano
l’abc sulle lavagne sporche…
Nient’altro che improbabili insettini piccoli
obbligati dall’invidia dei palazzi
perdemmo in pochi giorni il nostro onore
tra i giochi dei quattro cantoni.
Furono grandi risate come tagliole accecanti
e non ci impressionarono i cazzi puzzolenti dei soldati
le nostre donne bionde di menzogne e pastarelle
in ogni via il trionfo della gioventù splendente
un peso perdifiato come d’allitterazioni collettive
e se n’andava via la grigia marcia eterna
l’esercito raggiante di uomini stracciati nella polvere
così innescammo ancora e quindi l’emozioni nostre
incinte di coriandoli e bombette.
Scontato un mio compare riteneva fossero soltanto favole
e seguitava a noia l’infinito delle trame e le sue ciarle
e a noi non importava niente
e alcuni giacevano morti
e un morto canticchiava fra sé e sé.
(12 / 06 / 2006)
A dialogar se stesso con cuore incompiuto
(Entra
e in un secondo è solo
senz'annuncio
sguardo assente di contegno)
«La mia giornata non è mai un disastro
la mia giornata è una prospettiva in cui regolarmente svengo
come un televisore interrotto
faccia china sulla tavola imbandita
ronzinando contro i miei mulini a vento
bollicine e vino bianco
orde intere di pollame fatto freddo
calze asciutte come paste
i contrasti di mutande
fuselli che danzano come panini nelle forchette
film bianco
film nero in fondo alla notte
cascate di note su note di sonno
completamente inventate.
Non sono mai stato un esteta
Non sono mai stato un asceta
Ma son tetto di campagna.
Mai stato fiero
(per dirla tutta non me ne vanto....)
Avrei voluto esser cielo d'ossa
per tutto quel che mi riguarda
ma una donna senza polpa non mi ha mai attirato
ho un senso dell'amore decisamente pornografico
mi ritrovo dentro a un letto nel disperdersi del dramma di un sospiro
mi ritrovo dentro a un letto a elemosinare un pezzetto di me stesso
che non sia di secco pane azzimo
non ho mai avuto fretta
d'esser crociato di sangue d'agnello
pieno fino alle orecchie del mio dolermi
bello da tagliarmi il collo
ma del resto sono un bugiardo
sono arbusto disinteressato
schiavo di una prospettiva
fughe di strade le mie catene,
simboli
alberi a dipingere il mondo
serie su serie di
-Torna al tuo posto ! -
-Torna al tuo posto ! –
-Torna al tuo posto ! -
Atomi fin dentro il naso.....
La pazzia
è del resto rimasta fino ad oggi un'utopia
probabilmente morta
nella luce trasversale d'uno sguardo
tutto è stato già detto come taciuto
la mia giornata è naturale scontentezza delle cose appena nate
naturale istinto di rifugio e simbolo
è ripiego di non detto
la mia giornata è un ragazzo che parla da solo
distratto.
E' un qualcosa che non mi ricordo....»
(si rannicchia tondo nello stomaco e traviato in un sospiro si rialliscia
svelto,
entra in campo l'altra voce interno corpo
sullo sfondo un cielo storto
un sole piatto)
E allora io qui mi chiedo ma che vuole questo?
Che diavolo richiede il giovinotto caramelle vino e Lexotan camomilla caffè Seropram aspirina
stricnina dritta al fegato di topo, figlia di sapori e sguardo di lupo come cagna spudorata che si gratta malamente il culo in terra......
E abbozzato mi rispondo :
«Da sempre hai sognato la gente che sanguina vermi
non hai mai sopportato il compulsivo dirti
il tuo unico ascoltare è l'ascoltarti
vedo i bruchi salutarmi di pupille tue
mentre
raramente ghiotto
in silenzio
fingo circumnavigazioni del tuo occhio»
ma lui sordo riprendendo:
«Mi ricordo che in un sogno riconobbi Magellano....
Fu pur sempre sfortunata nel suo vano farlo fuori l'isoletta dell'oceano
la sua gente nata morta di sprofondo dentr'agl'occhi
di quegli strani nuovi bipedi
ricaduti all'orizzonte come il mare giù dal cielo
io conobbi un galeone ammutinato
e gli dissi che a tribordo
sarei stato quello stronzo,
col coltello
...ma ora penso che sia inutile deviare
infiocchettare l'argomento
interessarci fintamente del discorso.....
La mia giornata è una cosa confermata senza senso
un'inquieta evanescente lamentela
è quel senso di insoddisfazione in cui cadi come un bimbo in bicicletta
è una smorfia di bambina sulla faccia
un triciclo senza ruota
una macchina distrutta dietro a un muro di campagna
è un pastore ottocentesco che passeggia
lacrimando
per Time Square
una sfilza di parole senza senso
una pagina trascritta in nonsochè.....
Lo sapevo !
Lo sapevo !
Lo sapevo !
( si graffiava la mia voce allora
urlando )
E lui avrebbe continuato
nel girare sempre intorno a quel discorso già trascorso,
risentito
e sarebbe irrimediabilmente stato vano ogni intento e tentativo d'ordinarlo, quando d'amplesso m'avrebbe risposto ( parlando di ragione e del suo dire )
«non ho mai cercato un retro-occhio,
io
l'ho sempre posseduto...»
.....
...
.
(20 / 12 /2004)
Sammer on a solitari Ailand
Mi son trovato rotto
prezzato a soldo come un prosciutto
trattenendo a lungo il retto
dal disgusto dopo pranzo.
Sai che bello a tetragosto
dopo il male che ti voglio a Luglio
metter piede dritto dritto nel rigetto
voler correre grigio umido ratto
lungo vasca idromassaggio
a Porto Cervo
sui sorrisi a cento denti imbriciolati
sotto l'oro romanaccio
occhi a goccia sguardo massiccio
rosicchiando
eccitato a nominarlo il pecorino
stramagnando
spolverando la villetta
tavolino più amichetta
da vacanxa sexy very imbastita
assoluta
organizzata
con la evvre avvrotolata americana
la pistola di diamanti
la borsetta
il panfilo
con la solita naturalezza da deserto intellettivo
lungo il corso d'una gita quasi selvaggia
con la smorfia seghettata di piacere già pagato
l'espressione da caletta
mentre bevo
come un sorso d'acqua raggia
glugglugglù
cuoricino a carta straccia
con il viso più scolpito d'una roccia
e tua moglie mi s'appoggia con la crema sulla faccia
con la cola sulle labbra e le scarpe gialle gialle
con la zeppa
con il piede che trabocca di sua trippa
sempre troppa
mentre inciampa:
«Te l'avevo detto cara cicci che la strada era sterrata e poi il giovane si sentirà obbligato Dio non voglia a strapazzarti un boccabocca....»
«O davvero mio ragazzo mi dispero che sul serio
non capisca l'umorismo
e mio marito
lei non sa lui com'è fatto...»
«Si farebbe accarezzare quel bandito?…»
E' pioggia cieca imbastardita e fango
sul selciato dei locali
sulle barche tipo fungo
dove anch'io lunette de soleil mi fingo
alta sul tacco
nel concorso di bellezza da starnazzo
col marito surgelato ch'è un segugio tutto vizio
rinomato proprietario preterintenzionale
d'un'industria rotonda sul mare
che è un tesoro di disgusto
ma io affitto in prima fila un tavolino
un fiore plastico
ospitando nella vasca il paparazzo col boccaglio
con la maschera
e la foto della dolce metà bischera
mentre ride tutt'ignara sullo sdraio.
Ah! Ti voglio!
cento volte in rima fiore
amore dolore odore d'incenso tutte le sere
con la maglia col bronzetto
per sentirsi conficcare la Sardegna fin'all'osso
come nemmeno seppe spiegare il capo animatore del villaggio
svolazzando angolo in angolo
abbronzato
incatenato croce al collo
gambe come un fenicottero
occhi bianchi scintillanti come due cucchiai d'argento
mentre belle ragazze spazzavano merda cantando nei bungalow
e i tedeschi s'eran persi ricercando l'avventura a su '' Su gorroppu''.
E del resto
le vespe sciamano i bimbi nudi si tuffano
le vespe pungono le vespe odorano di nero e di giallo
hanno colori degni d'un supereroe
come un pendolo
gongolo come sul dondolo
cuore malcurato
aggrovigliato
una matassa masticata senza bandolo
nel fonetico cianciare che v'abbindolo
genufletto e mi confesso:
sono piccolo e rosa.
(02/ 08/ 2003)
Fabrizio Pittalis nasce a Sassari, il 25 Dicembre 1980 E' vissuto a Porto Torres dove ha frequentato le scuole primarie e il Liceo Scientifico. Poi la Facoltà di Lingue e Letterature straniere di Sassari e seguito appassionatamente i corsi del Critico Massimo Onofri. Il suo talento letterario (evidenziato fin dalla prima infanzia) lo porta, oltre che a scrivere di suo, a fondare insieme ad altri scrittori il sito Karpòs. Nel gennaio 2007 muore per un Sarcoma di Ewing.