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Luciano Troisio

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Quando si scrive sulla poesia di Luciano Troisio, tutti concordano sulla sua natura funambolica, giocata sul filo ardente dell'ironia, del sarcasmo, della citazione colta, del plurilinguismo, un andare per arie talvolta rarefatte talaltra per fanghi e rovine, sempre consapevole, come scrive Gio Ferri "di un terribile passato non liquidabile", ma anche, direi – e Locations, impermanenza (Cleup, 2012) s'incarica di approfondirlo – dell'impossibilità di pensarci stabilmente fondati, garantiti in un Eschaton necessario. Non esiste infatti alcuna forza metastorica, tantomeno salvifica nella filosofia di Troisio, bensì uno sguardo disincantato alla Voltaire, che non coincide né con l'ottimismo di Pangloss né con l'ingenuità di Candid. Uno sguardo sempre mediato dallo scetticismo dell'intelligenza moderna, che indaga le cose e il discorso sulle cose, qui e altrove, nel suo Veneto antropizzato e nella sua Asia globalizzata, dove flotte di turisti curiosi lasciano ovunque bave come lumache.

Troisio è un viaggiatore di professione, anzi un ozioso flaneur euroasiatico, che organizza cataloghi ricchi d'aneddoti e di personaggi, colti per rapidi tratti, a esemplificare la specie sapiens sapiens di tutte le latitudini, tutta impegnata nel tentativo, a volte penoso, di mascherare l'evidenza che "Infinito non è l'Esistente ma la Distanza, il Vuoto / [...] / dove la materia quasi pulcino timidissimo / ingenuo nei movimenti tenta di insediarsi". Lo sapevano certi antichi e i moderni più emancipati, come Baudelaire e Leopardi. E ce lo racconta, mai così esplicitamente, 'Locations, impermanenza', accostando due termini di famiglia semantica antitetica: il primo proprio al linguaggio mass-mediale, direi quasi, latu sensu, berlusconiano; il secondo evocando i fondamentali del buddismo. Troisio, tuttavia, nemmeno per quest'ultimo dimostra riverenza, in grazia, o in disgrazia, delle mode novecentesche, che l'hanno ridotto a pratiche consumistiche e/o spettacolari. "La suora svizzera buddista" ne incarna l'emblema, convinta com'è che "il Nirvana non esista affatto / all'infuori di lei" e, mentre "fissa il mare" e "la crisi del soggetto, / si porta sigarette e caffè".

Invece, è evidente, l'impermanenza, così come esce dal canone buddista, interessa allo scettico padovano, la fa propria in molte pagine del libro, ma anche la locationconta: ogni poesia porta in calce luogo e data (eccone alcuni: Phonsavan, Kuta, Luang Prabang, Hanoi, Saigon, Bangkok) facendo il verso, in tempi di pace armata come questi, all'Ungaretti de l'Allegria, che il nostro si prende il gusto, blasfemo per alcuni nostalgici, di definire "scaltro furbacchione invadente" per le sue sussiegose riverenze a Mussolini. Invero, da buon polemista, egli ritrae con l'acido quasi tutti. Salva qualche rara amicizia e l'idea del bello incarnato dalle fanciulle prima che comincino a pensare, siano esse ridenti studentesse in uniforme a Candikuning o quelle rarissime concubine cui ha riservato vero amore, come scrive in "Il più lontano dei baci", testo che, assieme a "Fine della T-shirt di Juno", lascia emergere un tombeur de femmes d'altri tempi, decadente nello spirito ma non nella lingua che lo dice, così chiara e senza fronzoli sonori, piena di oggetti e spazi riconoscibili. Questo vale in questi passaggi perché Troisio è anche capace dell'inverso, ossia di innestare l'astrazione più insopportabilmente snob su di un ceppo espressivo da bloc-notes, come in questo passo, per esempio: "Tornando dal ristorante, dopo un'assenza di circa 40 minuti / l'esistente si è così modificato: // smantellamento imprevedibile e trapanio nella prossemica / della mia stanza e nel suo ambito acustico acuto". L'effetto è la ridondanza, ma anche l'ironia su di essa, una paradossale figura in cui il serpente si mangia la testa.

Tutto il libro, invero, è un continuo agire su differenti pedali stilistici, in un melange talvolta assai stretto, per ribadire il disincanto di base e l'imbarazzo per essere poeti oggi, dopo la morte di Dio e la perdita d'aureola, e dopo la constatazione che sono sempre più rare le fanciulle disposte a farsi sedurre dai cantori, per quanto istrionici siano. Troisio si ferma a un passo da tale postura, guizza leggero tra D'annunzio e Arbasino, dialoga con Gozzano, tre esteti su cui, a tratti, egli salta in groppa, ma soltanto perché in vena di sberleffi. La sua indole solitaria e da grillo parlante lo fa diffidare dei geniali pinocchi della lingua e della mondanità, fratelli eppure lontani, immerso com'è nella certezza della "propria Nullità", scritta in maiuscolo, come un lungo codino di Müncahausen cui tenersi sospesi nell'aria, disperdendo i canti. Il suo porto sepoltoè il ventre caldo dell'Asia ma anche la pagina bianca, "servizievole vibrante stargate", labirinto rizomatico che collega e ricompone in media res le indefinite posizioni dell'essere, campo di forze dove "autorizzare che qualcosa avvenga", ma sempre con il beneficio del dubbio come si confà ad un imprendibile moderno della sua specie.



LO ZAINO DI SISIFO

1
A Candikuning le brune bambine
avevano zainetti rosa uguali
con una diversa immagine di Barbie
andavano a scuola camminando piano
chiacchieravano ridenti in uniforme

non sapevano di possedere una grazia divina
non sapevano che l'esistenzialismo milanese gliel'avrebbe
sottratta rovinata lentamente macerata.

2
[Elegie laotiane:]
I giocattoli si mutano in arnesi
l'astuto turista lavora soltanto con marchingegni digitali
potrebbe teoricamente essere un creativo

gran parte dei turisti
si ridurrà a fare l'insegnante
bene o male un interesse per la cultura ce l'ha.
Se è pensionato l'ha certamente avuto.

Non si spiega altrimenti come possa girare da straccione
portandosi il mondo sulle spalle, senza mollarlo un momento,
si siede sul marciapiede, su un gradino di tempio,
posando lo zaino su quello superiore
trangugia una baguette ripiena di tonno e insalata mal lavata

guarda al di là della strada il suo omologo ricco beatamente
gioire il suo american bf
bere un'autentica fresca spremuta di arance protetto dall'ombrellone
al tavolino della Dubonnet

se è giovane non passeranno molti anni che si tramuterà
nel panciuto omologo
attraverserà la strada ma
lo zaino comunque non l’abbandonerà
forse il vaccaro australiano non lo sa
che Camus di lui discusso ha già.

*
Ogni viaggio è puntata di Sisifo.
Si rispolvera lo zaino, basta una spazzola, una spugna
si riparte dallo stesso punto,
dove si arriva?

Lo zaino di Sisifo è l’opposto del paniere di Esopo
si appesantisce ogni giorno
si riempie di nulla e carabattole
non libera affatto
nemmeno se giunti alla vetta per errore
per una svista da interpretare
lo zaino rotolasse giù
seguìto dagli occhi nell'abisso
sfracellando i nonnulla
le immagini.

Oh turista, inutile Sisifo.
L'astuto vorrebbe alfine liberarsene.
[Un trolley?]



VIVERE NON NECESSE

In epoca elettronica virtuale
di orale di gratuito cellulare
essendo ormai fuori moda i libri

oltre che i deliziosi ex libris,
le celebri silografie di De Carolis,
la Sagra di Santa Gorizia
quelle di Guerra che nel 31 illustrava
stupendamente Il Porto Sepolto di Ungaretti
(prefazione di Benito astuto intelligente
nel dir poco o niente
di quello scaltro furbacchione invadente)

stinti i bei motti, le imprese del divin Gabriele
(per quanto in certe foto abbia
un volgare naso bacchico spugnoso),
i suoi spot creativi per il Sangue Morlacco
lungimiranti profetici oltre il secolo,

in tal epoca è logico o perfino banale riscrivere
quel motto quasi incomprensibile
navigare necesse
tutto a danno del cartaceo e me ne duole assai e spero
che l’e-book non abbia mai fortuna, mi schiero
comunque dalla parte forse già antiquaria
non dico della pergamena, ma del libro
stampato su carta “Fabriano” o “Pescia”
quella che è sempre costata più del vitello.

Mi pareva assurdo questo
viverenonnecesse
sebbene fosse inteso nel contesto sincronico,
nell’opposizione che quei disgraziati
dovevano imbarcarsi per forza.
E ricordavo i generali che bruciavano le navi
per non dare speranza alcuna
ai lavativi che già invece la mettevano in conto.

Improvvisamente anche noi
per assoluta mancanza di alternative
siamo un po’ simili a quegli opposti condannati:
facciamo finta che
fin che la barca va, vivere
(e virtualmente navigare)
necesse.



A LEZIONE DI LEGONG

Egli parla come se le cose fossero vere, serie,
come se il mondo non fosse eolica polverosa
desertificazione infinito incenerimento,

ma fonte di bellezza straordinaria
come se per vedere non bastasse avere gli occhi,
si avverte la capacità di comprendere oltre

non sfugge la smorfia agli angoli
e molti sono i fatti che risultano importanti
perfino quelli normalmente non rilevanti.

Il tedio che si prova ascoltando
(perché la sensazione è che il discorso
non debba avere mai conclusione)

dipende da superficiale ottusità
e da occulta inconoscibile inquietudine,
la gente non avverte per nulla

la propria stupidità al contrario
si meraviglia che altri osservino
capiscano il sentire.

È probabile che un’educazione sottile
incida sul suo modo di avvertire
di comunicare il disagio

quando la pantomima di vergini sontuose
ingioiellate di fiori cede la gaia fanciullezza
all’adolescenza umbratile dei personaggi.

Nelle immagini tornano marionette
si pietrificano le dolci bambole
carezzati sfiorati bassorilievi degli dei.

                        Songklà, sabato 18 agosto 07 ore 23.13



L’ULTIMA SIGARETTA

L’ultima sigaretta
deve avere una lunghezza imprecisata
certo non a cannocchiale
per quanto si sospetti sia
imparentata con la figura della metonimia.
Assai lunga con forcelle di sostegno
non si degna di concorrere
a titoli di Guinness alle sagre
della buonista finzione.

Indefinita e nemmeno “messa a fuoco”
l’ultima sigaretta è quella di Zeno
ma anche del condannato
(quindi del suo contrario)
l’ultima sigaretta è come la confessione e il perdono
non è affatto best before
anzi non concepisce scadenza

basterebbe riflettere su questo per concludere che
l’ultima sigaretta non esiste
né per le case produttrici
e nemmeno per i (non) fumatori
come non esiste la guarigione
la salvezza.

Cionondimeno conciosiacosaché l’ultima sigaretta
nell’immaginario metafora
della ripetitiva stupidità e della Digitale purpurea
si dimostra assai utile,

certamente lascia viva la speranza
di una sedicente infinita compassione
(sia) come terapia d’appoggio
(che come parcella dell’analista
paragnosta).



IL BORDELLO DELLA PAROLA

1
Niente citazioni sarebbero troppe
e qualche lettore non gradisce ma
alludendo a un celebre sussiegoso utente
di bordelli (di parole)
in vecchiaia scopertosi assiduo
ironico frequentatore di zambracche da poco

possiamo in generica citazione sinottica stabilire che
ci sono parole pietre
parole fimo, consistenti cremose oleose
dia-logorroiche rigide spappolate,
fresche primipili ninfette, vegliarde in sfacelo
come nelle vecchie case i gusti sono gusti
e Comisso ci ricorda il precettivo
generico cartello: "il coito sia breve".
Quindi anche il prestito di parole
sia cauto moderato guardingo.

2
Più che parole ci sono combinazioni di parole,
sintagmi macromolecole
ce ne sono parecchie ma non infinite
le combinazioni risultano sempre quelle
ogni utente ha sue concordanze e loci.
Come sappiamo,
la parola è solo un prestito in prestito
flava coma in affitto a short time
bella bona gettonata
scade appena pronunciata
escort prezzolata
si può disporre in vari modi (accetta tutte le "posizioni"
comprese le inaccettabili e le più vergognose)
senza limiti estreme parole a ore
una poltiglia di suoni che cerchiamo di lavare
quando le tiriamo su dagli scavi archeologici
dallo spurgo dell'urbe
giù dai siderei archivi delle "moderne" polveri spaziali
da proporre in nuova talco versione
dopo la ristrutturazione.


3
La tecnica è sussidiaria,
le avanguardie arrivano con giovani
più determinati delle anoressiche arpie in carriera
forti spazzano via tutto reinventano il reale
a cominciare dal dizionario
eseguono la cosiddetta "sterzata semantica".

Attenzione quando si mettono in discussione
le regole di grammatica!
Seguiranno a ruota manipoli, nuove province, veterani
polizia provinciale
ci sarà un nuovo piano regolatore della poesia con fondi.
(Quanti attempati decorosi buoi piangono in segreto come vitelli...)

4
Con l'utopia non si governano asili nido,
i quotidiani day hospital,
con la sacra legge 180 si abbandonano per strada i poveri matti
non si fanno termovalorizzatori.

5
Nostradamus, il significante è per ricchi
proletari con l'ermellino
elitario equivoco furbino,
aristocratico del quartierino.

6
Anche i non poeti sono accettati nelle antologie di partito
difesi a lista tratta
su fratelli su compagni

ma le grandi Antologie Mondiali traducono in prosa
ignorano il sacro significante.
Le prime lingue del mondo non sono affatto europee.
Della frastagliata narcisetta Europa,
dei versi miserelli
se n'infischiano garbatamente.



IL MIO PRIMO PALLONCINO ROSSO

Tornando dal ristorante, dopo un'assenza di circa 40 minuti
l'esistente si è così modificato:
smartellamento imprevedibile e trapanio nella prossemica
della mia stanza e nel suo ambito acustico acuto
(sono le ore tredici non si può esigere silenzio nemmeno a Padova)
gli spaghetti allo scoglio sea food erano discreti
ma con troppo pomodoro, troppo dolci gamberetti,
sei conchiglie veraci per la verità buone
(non come dai ladroni di Burano
che in più ti fanno sgranocchiare la sabbia)
poi ricordato che in Pham Ngu Lao a sinistra c'è una boutique
dove vendono bellissime cartoline a meno di metà degli altri compagni 
in ottime condizioni e isolate una ad una in cellophan plastificato,
al solito prima di aprir bocca mi scambiano per francese,
in un pianeta anglofono la cosa non mi dispiace affatto
ho scelto dodici soggetti delle snelle filles
in aodài bianco bici e cappello, deliziosi paesaggi rasserenanti.
Rallegrato da loro sono salito a riposare.

Lo smartellamento testimonia che la vita non è piacevole
che c'è sempre almeno un motivo di disperazione da affrontare ma
l'osceno triviale aggressivo trapanio è risarcito
da straordinario fatto che vado ad illustrare:

sul muro appena a sinistra della mia porta, a circa due metri d'altezza
librato v'era un palloncino rosso.
Gli diedi un buffetto e cadde piano verso terra.
Nella mia purtroppo ormai declive carriera
di storico di cupidigie e di brividi esperto d'ogni sorta di rosso
mai ero incorso in tale sincronica fattispecie.
M'avvidi che all'opposto polo della chiusura
avea un piccolo adesivo,
quindi non s'era costì stabilizzato per erratica risultante
di imponderabili astrali correnti.
Una precisa volontà lo avea colà sistemato latore di messaggio

[(per me?) mi pare univoco (da chi?) ecco l'equivoco.
Dato che il personale della guesthouse è tutto femminile,
pur escludendo le tre splendide teen-ager in leggero diafanico pigiamino
resterebbero sempre le ancor sinodali varie zie bonone.
Versando un contributo solidale ed etico
hai visto mai che si possa combinare.

Rosso profetico? Un leggiadro messaggio d'amore?
(Sopportando il trapanare
spero non dal muratore).]

                                            Saigon 19 gennaio 2008



LA SUORA SVIZZERA BUDDISTA

                                         (A Candidasa da sei anni vive
                                           guardando l’oceano
                                           una suora buddista svizzera.)

Angoscia della vita ripetitiva
del fissare
da un’ottica buddistica il mare,
tranquillamente da quella hindù
ambedue imparentate con l’arte Gandhara,
col sorriso di Egina.
(Questo nelle nostre scuole non si insegna
ignorando i nostri Accademici l’Arte Asiatica).

La svizzera pensionata guarda l’oceano
considera sua la spiaggetta
dell’albergo e, immagino dalla spocchiosa puzzetta,
chiunque s’avvicini un intruso;
disturbata divinità
a domanda risponde per buddista carità.

Mi chiedo se sia ormai uniformata
alla confluenza dei fiumi della vita
o se il mondo, narciso, si identifichi in lei

e quindi il Nirvana non esista affatto
(all’infuori di lei,

antica novità filosofica rompicapo riciclata
da novissimi giganti del griffato
premiato Secondo Novecento Fumisticobanale
ormai in offerta speciale).

Fino all’anno scorso stava spesso in bikini
avea la tesa rapata
cosce possenti düreriane
erotica preda probabile
in ambito teutonico da flagellazione sado-maso,

ora indossa una lugubre veste lunga
le è ricresciuta capigliatura platino da chemio
improvvisamente è invecchiata ai sessant’anni
(quinto ciclo di dodici).

Non potrebbe vivere a Bali,
ha un garante (il padrone dell’albergo), deve
ogni mese presentarsi all’Ufficio Imigrasi.
Male lingue dicono che commerci,
vive in un bungalow a dieci metri dalla riva
nello splendido giardino di cocchi e banani.
[Il mondo è solo nella mente].

Saluta a stento,
per il resto fissa il mare
la crisi del soggetto,
si porta sigarette e caffè.
Cautamente Marina sostiene che potrebbe essere felice
anche molto felice.

Trasmette un sibilo angosciante
collegato alla fine,
costante.

                                Candidasa 14 luglio 2007


 Qui alcune poesie tratte da  Strawberry-Stop (Lietocolle 2008) e la nota biobibliografica.


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