"I fatti a sinistra, le colpe a destra, le donne in mezzo" scrive Alessandra in testa a Sfilate, il capitolo che apre Femminimondo: le donne stanno nella crepa del libro, tra la cronaca (per forza sinistra, raccontando violenza e umiliazione) e la parola dolente che ricrea la cosa, l'innominabile, il rimosso della nostra civiltà sorda e muta. La donna sta nel mezzo, custodita nella piega del libro, protetta perché nascosta dalla luce tagliente del giorno. Dove qualcosa accade – lui tenta di darle fuoco, per esempio, o stupra la figlia, per testarne la verginità – qualcosa che rinasce dalla notte dei tempi, dall'animale-maschio, capobranco; e qualcos'altro prende la parola, sulla destra: è la poesia che, mimetica, ansima e bestemmia, dando corpo al bianco in cui qualcosa si staglia. Cronaca e poesia stanno insieme, stringono "le donne in mezzo"; l'una con la lama, l'altra con la bocca. E sopra c'è il poeta / la poeta che li tiene d'occhio, li sorveglia, affinché il dono giunga a destinazione. Nessun moralismo, bensì la lucidità di chi conosce la vita e possiede il talento di riuscire a tradurre quell'innominabile, il quale fa il maschio feroce e la femmina ferita. Feroce e ferita hanno lo stesso piede tagliente, sono fratelli. E stringono d'assedio i vinti, uomini e donne che siano.
La Carnaroli prende spesso la parola dei carnefici, ce li restituisce nelle loro logiche paranoiche, nei loro cuori feriti. Feroce invece è il ventre della città, che non li ha mai partoriti, mai fatti diventare uomini. Femminimondoè la messa in scena dell'immondo che la società dei consumi ha involontariamente prodotto, della piaga che significa vivere alla deriva, dove le forze arcaiche vincono e i deboli soccombono. "Le donne stanno in mezzo" a questa bufera, come i bambini e i poeti, talvolta. In attesa di prendere la parola, di darle la pancia e la bocca, per rifondare una possibile alleanza, dove maschile e femminile si possano riconoscere nella reciproca differenza. Ci leggo questo nelle poesie di Alessandra, questa volontà ancora nascosta nella piega, in mezzo, di riabitare la differenza, sapendola costantemente cangiante, abissale, viva. Abitarla prima che si cristallizzi e diventi ferita, ferocia, in una parola: morte.