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Channel: blanc de ta nuque
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Lettere dal fronte 1

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Cara S, volevo scriverti due cose sul tuo libro di poesie. In verità, gran parte delle cose da dire le hai già scritte tu nella lettera di accompagnamento: sono poesie giovanili e, come tali, risentono delle letture scolastiche e di certe ingenuità stilistiche. Per capirci: la bellissima foto che hai messo nel blog, quella con lo scorcio del finestrino, grigia e invernale, triste eppure lucida, è esattamente quanto non hai fatto con le poesie. Con loro, è come se avessi fotografato il finestrino intero, preso di fronte, con un punto di vista scontato. Anche la poesia ha bisogno delle sue inquadrature (del suo linguaggio) inedito, mai sentito, sorprendente, che ci spiazzi e ricollochi in una nuova verità. Insomma, spero di non averti deluso. Ho cercato di essere sincero e ho voluto indirizzarti verso qualche buona lettura, che certamente ti aiuterà a trovare la tua voce.


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Cara V, il verso breve ti permette una sintesi che il lungo non ha. Tuttavia ti consiglio di praticare anche il verso lungo (vedi per esempio come fa la Calandrone, e la stessa Bertolini). Quando usi questo tipo di verso, puoi adottare due soluzioni: 1) il verso lungo è la somma di versi brevi, per cui più volte, leggendolo, senti la necessità di una pausa interna perché la tensione è alta (direi che è la linea petrarchista); 2 il verso lungo va letto tutto d'un fiato. La tensione leggermente si abbassa, ma ne guadagna la limpidezza e l'efficacia comunicativa. Tra le due soluzioni, io preferisco la prima: più lirica. Ma praticare la seconda, se non altro come esercizio, può aiutarti a conoscere il tuo respiro più sociale, più ricco di comunicazione.


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Cara F, come sai, la questione del corpo in poesia è assai dibattuta, soprattutto da quando – a partire dalla Merini e dalla Valduga (allieve della Rosselli) ma direi anche dalla Farabbi – il corpo delle donne è diventato argomento della poesia femminile. A me pare che la nuova generazione di poetesse –  Cera Rosco, Fusco, Serragnoli… – abbia saturato l’argomento con il rischio che scriverne ancora diventi maniera. Certo il corpo femminile (con le sue pulsioni, i suoi umori) non può essere ignorato, nella misura in cui il sessismo maschilista e i mass-media lo umiliano. Tuttavia occorre parlarne in modo altro, essendo questo già diventato magazzino di maschere ossia archivio del già conosciuto. Che cosa è conosciuto? Che il corpo femminile ha il suo ritmi naturali, che produce liquidi, che gode ancora più di quello di un uomo (ma non lo aveva già detto Tiresia?), che appartiene alla donna, finalmente libera di essere se stessa. È la storia dell’emancipazione femminile/femminista novecentesca, che le grandi poetesse del Novecento ci hanno raccontato molto bene. Tutto questo, mi pare, tu lo coniughi in funzione dell’identità, intesa quale dimensione ontologica, dunque ostentando meno quel pruriginoso godimento di tanta poesia femminile che si legge in giro. Questo è un pregio. Inevitabile qualche stereotipo, per esempio usare parole che rinviano, in modo abbastanza scontato, all’universo femminile: partorire, faglia, terra, mio giardino, acqua, entrare, nascere, ecc. 


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Gentile M, quanto lei dice riguardo ai limiti della parola, e al suo rapporto con l’indicibile, è sacrosanto ed è una delle leve centrali della poesia, dal romanticismo in poi. Il simbolismo, in particolare, ne ha fatto il centro di una poetica (vedi: Baudelaire, Rimbaud, Mallarmé, Valery), e, in Italia, Pascoli, Ungaretti, Montale gli ermetici (Luzi, Gatto, Bigongiari) e, recentemente, la cosiddetta linea orfica: fra tutti Milo De Angelis., che le consiglio vivamente di leggere a partire dal suo primo libro, “Somiglianze”. Insomma, non c’è poeta che non sia consapevole di questa impotenza della parola (lo dice anche Ungaretti in un’intervista che può trovare su You Tube), ma anche – per questo le citavo Heidegger – del rapporto essenziale che esiste fra parola e verità. Verità non intesa nel senso scientifico (adeguazione della parola alla cosa), bensì fenomenologico: la parola custodisce il farsi evento della verità. Questo implica che gli aspetti fisici e fonetici di ogni segno diventano importanti, come lei stesso dice, e quindi vanno curato tanto quanto l’organizzazione del messaggio.


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