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Luca Buonaguidi

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India. Complice il silenzio (Italic, 2015), ci dice Luca Buonaguidi (1987) in prefazione, è un diario di viaggio” palingenetico, un bagno nel Lete, direi, nella smemoratezza mantrica quale origine del vero. Verità, ci insegna infatti la mistica di ogni latitudine (e questo libro), non è qualcosa da cercare, ma le siamo già sempre in grembo senza saperlo: smemoratezza, appunto, vocazione all’abbandono di ogni resistenza, stare seduti, yoga, “wu wei”. E nel contempo, verità è sapere che siamo altro, sempre: “Vedi, ora scrivo / ma quando mi leggo / mi sono straniero”. Io nasce da altro e in altro ritorna. Il suo è un viaggio fra l’inizio e la fine, con l’inizio che è la fine e viceversa.

In questa circolarità, ne ha fatto esperienza Buonaguidi, vive la parola poetica quando si mette in dialogo con il sacro. Che è tutto e in ogni cosa: un bambino, una terrazza, un cane, una spirale di polvere in strada, il cosmo. Per questo non si può scrivere di Dio, tirandosene fuori. Semmai lo si asseconda nella pratica dell’onnipervadenza, ritrovandolo nel respiro di ciascuna parola. Esercizio difficilissimo che Buonaguidi ha compiuto perché non voleva fare il poeta, il tecnico del linguaggio, bensì, in via preliminare, è riuscito a diventare essere fra gli esseri, un viaggiatore in ascolto, senza paura di non trovare le parole. Perché è proprio questa la condizione per scrivere in prossimità del vero: avere pazienza, stare come chi attende il lampo, essere bambini. Una condizione in cortocircuito, di vita profondamente vera, e perciò insofferente alla staticità della nominazione, dove l’impermanenza è l’unica possibilità autentica nell’aperto del tempo, e, la parola poetica, la sua voce.

India. Complice il silenzioè il risultato riuscito di questa morte con rinascita, grazie anche a uno stile dove misura ritmica e iconica convivono in dinamismo armonico, un equilibrio dettato dall’illuminazione prima che dalla scelta stilistica, e porta in coda la benedizione di Giulia Niccolai, che gli invia una lettera paradossale, da buona buddista: non ho mai provato quel che scrivi, gli dice; per questo abbiamo voci differenti. L’esperienza è intraducibile, insomma, e l’identità riposa sulla differenza.

Le persone che hanno intrapreso un viaggio simile hanno questo di bello: l’umiltà. La stessa che deve avere il lettore, anche lui iniziato al silenzio e alla parola che non domina, ma accarezza, accompagna, custodisce.

  

Il Sé pare si muova, ma è sempre fermo
Ῑṣa Upaniṣad


Il tempio sfuma
in chiaro d’ombra
e soffia la mia quiete.
 Nutro la benedizione
depongo la ricerca
felino nel tramonto
a cui manca il dente
che afferra, mastica.
Salgo poi su un treno
in corsa. 
Siedo. 

Qui  inizia la risposta.


Tanjavur
26/02/2013


***

Seduto al tavolo di un caffè
aspetto che la poesia
entri dalla porta principale
come una Dea Bianca
che incauti si fissa apertamente
e che raramente ricambia.
Ma a sorpresa si avvicina
sfiorandomi la spalla
per il tempo d’un bicchiere,
prima d’andare dritti al sodo
facendomi tornare uomo da fantasma
e riempiendo questa carta
di visioni per poi uscire
furtiva, dal retro
lasciando entrambe le porte
aperte e il conto da pagare,
voltandosi un ultimo istante
nel profilo che già sfuma, saluta.
“Ci rivedremo
ancora,
altrove.”


17/03/2013
Mumbai


***

Sono lontano, amico
e mi sono vicino.
Mi cerco
sui treni notturni
e nelle grandi stazioni
dove tu non giungi.
E neppure io

[Quando mi credo
in qualche luogo
sono già un altro]

Come posso dirti ancora? 

Vedi, ora scrivo
ma quando mi leggo
mi sono straniero.

Pushkar
29/03/2013


***

Siedo nella stessa stanza
ho smesso di contare i giorni
sono ora questi sequenze senza nome
che un guardiano lascia entrare
da una porta del sentire
che muta l’identità dell’occhio
da osservatore a prima visione.
Ascolto la corrente del fiume
che cinge i remi del divenire
e con gli occhi della mente attendo
un canto devozionale che mi dia forma,
un’invocazione dolente che mi sia approdo
o pur solo ancora che liberi il peso
nell’etere che accoglie il tuono.


Varanasi
13/04/2013


***

Distanti cime sovrastano l’orizzonte
la piena del Gange mi cinge
energie sottili mi sono vicine.
È qui che ho accompagnato
il mio Dio a morire
in questo lungo viaggio insieme.
Mi piacerebbe raccontarti
com’è difficile fare poesia
quando l’anima ascolta.
Mi sento a casa
e mi sento appena,
trovo pace in quest’assenza.
Appaio talvolta sull’opposta riva
quando di nascosto fumo
una sigaretta in terrazza.
Ma mi è lontano il nome
e il fiume copre
il suono della mia voce.
   

Rishikesh
20/04/2013


***

Lo stesso flusso vitale
che scorre nelle mie vene notte
e giorno
scorre per il mondo
in una danza ritmata

Tagore


Sono felice.
Potrei aggiungere altri dettagli
ma la felicità sta nel toglierli.


Punakha
03/05/2013


***

Sfuma un altro taccuino
con cui ti sfioro le mani,
addito a te l’ambrosia dei giorni
quando mi interrogo sul valore
dell’azione e la rinuncia
e nell’assenza di risposte scorgo
la certezza fraterna della furia.

Poi penso che troverò un modo
per spiegare entro stanze ammobiliate
la bellezza del mondo ai miei figli
e rido persino di notti amniotiche,
della furia del silenzio
che mi è velo, agogno
e fermo questo fiato corto.

Non taccio solo per testimoniare
il fantasma che mi osserva.

Pokhara
27/05/2013


***

Anch’io ho appuntamento con un albero.
Nicolas Bouvier

Vedo l’albero del risveglio.
in una valle verde, azzurra e chiara.
Un cane nero gli gira intorno.
La mia pace rotta nel germoglio
cerca il seme del giardino intatto.
Non lo trova. Ma complice il silenzio
carezzo il cane e canto al vento.


Nubra Valley
10/06/2013



Luca Buonaguidi (Pistoia, 1987) ha pubblicato in poesia I giorni del vino e delle rose (2010, Fermenti), Ho parlato alle parole (2014, Oèdipus) e il diario di viaggio INDIA - Complice il silenzio (2015, Italic Pequod). In prosa ha pubblicato un racconto ne La sagra è vicina (2013, Beltempo) e ha curato l’edizione di FRANTI. Perché era lì – Antistorie da una band non classificata (2015, Nautilus Autoproduzioni) scritto con Cani Bastardi intorno a Franti e alla Torino antagonista degli anni Ottanta. In musica ha partecipato al disco collettivo Approdi. Avanguardie musicali a Napoli (2015, KonSequenz) curato da Girolamo De Simone. Suoi testi o commenti ad essi si leggono su varie riviste di letteratura, viaggi e società e suoi scritti sono stati tradotto in inglese (Condo) e in tedesco (Internation Rilke Society). Raccoglie le sue scritture sul suo blog www.carusopascoski.com e scrive/ha scritto di cinema, musica, letteratura per decine di riviste (Impatto Sonoro, CineFatti, Comunità Provvisorie…). I suoi reading vengono ospitati in tutta Italia e vengono sonorizzati da Elias Nardi, Marie e le Rose, Davide Tosches, Giovanni Peli, Trucupas, Jacopo Salvatori, Chris Yan, Collective Nimel, Gianni De Angelis. È co-autore con Chris Yan dello spettacolo multimediale INDIA - Complice il silenzio tratto dal libro omonimo con la sonorizzazione di Yan e la partecipazione di Miro Sassolini, Monica Matticoli, Lalli, Stefano Testa, Girolamo De Simone, Davide Tosches, Marco Bianchini, Marco Tangocci come voci recitanti.Come paroliere per la musica ha scritto testi per canzoni di Maisie, Elias Nardi Group, SKoM, Vittorio Nistri. Ha ideato e organizzato con la comunità di base delle Piagge Altrofest nella periferia di Firenze, un festival completamente gratuito di economia alternativa, consumo critico, creatività e cultura con ospiti come Don Andrea Gallo, Franco Loi e Maurizio Maggiani. 
Laureato in Psicologia Clinica, lavora in una comunità terapeutica, conduce seminari esperienziali sulla poesia e laboratori di scrittura creativa con ragazzi disabili. Vive oggi in un paese di una decina di anime sull’Appennino tosco-emiliano per riscoprire l’importanza di essere piccoli.



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