Ricordare lo sterminio attraverso la poesia. A questo proposito, segnalo due libri recenti. Il primo, Ziklon B (edizioni CFR, 2011) di Giacomo Vit, incontra l'orrore nella mediazione della favola, quasi rendendo magici gli oggetti lasciati soli delle vittime, che qui diventano protagonisti. Sono presenze messe in gioco per ricordare quando la relazione tra uomo e cose era carica di significato affettivo, relazionale, a differenza dei campi,in cui tutto è corpo inorganico, sostituibile. Ma anche – scarpe, occhiali, valige, bambole rotte, capelli, foto – sono testimoni oculari dell'orrore, essi stessi vittime del tentativo disumano di cancellare le tracce di quanto non fosse ariano, di archiviarlo in cataste mute. Vit chiede loro di parlare, di buttar fuori – a nome degli internati – l'indicibile, quanto le parole umane non riuscirono a pronunciare, per un misto di vergogna, pudore e afasia da trauma. E lo fa usando il friulano, una lingua dalla scontrosa grazia, come direbbe Saba, aspra come una carezza, e un versificare breve, interrotto nel mezzo della frase, spezzato come i corpi e le coscienze nei lager.
Il secondo libro l'ha scritto Daniele Santoro, poeta salernitano. Sulla strada per Leobschütz(La vita felice, 2012) racconta, senza mascheramenti lirici, la banalità del male, ma anche che cosa accade quando l'idea di razza superiore toglie diritto d'esistenza alle altre. Anche i nazisti baciano la loro moglie e i loro figli prima di andare al lavoro nel campo; poi lì, fanno del loro meglio per essere tecnicamente all'altezza, secondo dottrina. E allora il dolore altrui diventa interessante soltanto sotto il profilo scientifico e il sadismo esibisce il peggio di sé. Santoro ci mostra i corpi terrorizzati degli internati in preda alle loro funzioni elementari, fa loro raccontare storie di ordinaria disumanizzazione, entra nelle logiche da burocrati dei nazisti, ci riporta insomma l'attenzione nei pressi di quanto non va dimenticato, se vogliamo uscire davvero dalla preistoria. Che cosa sia la cosa da non dimenticare – al di là delle intenzioni dei due libri appena citati – ce lo dice Giorgio Agamben in Homo Sacer e in Quel che resta di Auschwitz: ogni volta che viene meno il confine tra umano e disumano ossia quando la legge pretende di inglobare "la nuda vita", l'alterità (il diverso, lo straniero, la minoranza etnica eccetera) diventa l'untore, che va eliminato senza incorrere in punizioni. Auschwitz è la formula perfetta di questa piega etica.
Questo post esce in contemporanea con quello di Giorgio Morale, ne La Poesia e lo Spirito.
Giacomo Vitè nato nel 1952 ed è sempre vissuto a Bagnarola (Pordenone). Maestro elementare di Cordovado, è autore di opere in friulano di narrativa (Strambs, Udine, Ribis, 1994; Ta li’ speris, Pordenone, C’era una volta, 2001) e di poesia (Falis’cis di arzila, Roma, Gabrieli, 1982; Miel strassada, Riccia, Associazione Pro Riccia, 1985; Puartis ta li’ peraulis, Udine, Società Filologica Friulana, 1998; Fassinar, S.Vito al Tagliamento, Ellerani, 1988; Chi ch’i sin..., Pasian di Prato, Campanotto, 1990; La plena, Pordenone, Biblioteca Civica, 2002, Sòpis e patùs, Roma, Cofine, 2006, Sanmartin, Faloppio, Lietocolle, 2008, Ziklon B- I vui da li’ robis, CFR, 2011.) Nel 2001, per l’Editore Marsilio di Venezia, ha fatto uscire La cianiela, una raccolta delle migliori poesie edite e inedite scritte dal 1977 al 1998. Ha fondato nel 1993 il gruppo di poesia “Majakovskij”, col quale ha dato alle stampe, nel 2000, per la Biblioteca dell’Immagine di Pordenone, il volume Da un vint insoterat. Con Giuseppe Zoppelli ha curato le antologie della poesia in friulano Fiorita periferia, Campanotto, 2002 e Tiara di cunfìn, Biblioteca civica di Pordenone, 2011. Componente della giuria del Premio “Città di San Vito al Tagliamento” e “Barcis-Malattia della Vallata. Ha pubblicato anche alcuni libri per l’infanzia.
Daniele Santoroè nato nel 1972 a Salerno, dove si è laureato in Lettere classiche, e vive a Roma, dove svolge attività di docente nei licei. Collabora con testi poetici e di critica letteraria a riviste di settore, tra cui «Caffè Michelangiolo», «Capoverso», «Erba d'Arno», «Hebenon», «II Monte Analogo», «La Mosca di Milano», «Sincronie» e le statunitensi «Gradiva» e «IPR Italian Poetry Review». Ha esordito con la plaquette Diario del disertore alle Termopili (Nuova Frontiera, 2006).