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Le volpi gridano in giardino (CFR Edizioni)

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E' uscito il mio nuovo libro di poesie 
Le volpi gridano in giardino (CFR Edizioni). 

Domani metterò la prefazione di Paolo Donini, con le indicazioni per chi volesse acquistarlo.

Oggi posto una poesia tratta dalla sezione Canti coniugali
Segue il mio commento al testo, uscito in Punto. Almanacco della poesia italiana 2 (puntoacapo, 2012)



Nel frattempo, al bivio


Come l'ala sfrutta il peso, chiedi un gesto
che porti in tavola o a dormire. Viene il mese giusto
intanto, con la sua muta affacciata ai frutti
in strada, che fanno aprile, nozze e ogni altro
a capo, per un soffio vivo e languido insieme
come se notte e cagna o giorno e angelo
sgorgassero qui, al bivio
con la platea da fare e la scrofa
che tiene il mondo in moto, che dispera
ai quattro angoli della lingua. E non c'è altro
infatti: autobomba, ladro, lavoro, amante
scarico dell'iva, tutto, dalla bocca
scuote le tende e nasce.



Questa poesia, che appartiene alla sezione di inediti Canti dell'amore coniugale,  mette al centro la questione della scelta, del bivio, della biforcazione continua che è la vita, tanto più quella amorosa. Ci sono momenti, tuttavia, in cui l'inerzia domina la relazione e l'agire segue l'abbrivio, le forze che natura ci ha dato: la gravità, l'adattamento, l'abitudine quando questa serve a rendere la ripetizione meno insensata (vv.1-2).
Per fortuna, la ciclicità delle cose porta con sé l'acme, il risveglio, "il mese giusto", quello dove la vita rifiorisce. Qui essa trova la propria allegoria nella "muta" dei cani (ma anche nella "muta" che fanno i serpenti, rinnovandosi), con la loro energia esuberante che "si affaccia ai frutti", alle prede, ma anche a quanto è premio, conquista. "Aprile, nozze" sono simboli di rinnovamento, di cominciamento, così come lo è l'andare a-capo (vv.2-4).
Questo tendere a, tuttavia, non è mai univoco, si biforca, invece, porta con sé il desiderio presente e la scia non sempre felice del passato ("soffio vivo e languido insieme"). Ecco allora che il bivio torna centrale e procede per antinomie (notte-giorno, cagna-angelo) che sgorgano "qui", nel tempo storico, aprendo in tal modo un trivio (vv.4-7). Se infatti la relazione di coppia, in principio del testo, sembrava decidersi nella scelta privata, ora si scopre mossa anche da un ramo pubblico, che chiede ragione delle scelte di ciascuno, per cui conviene costruirsi una "platea" disposta a comprendere, a dialogare e, forse, a perdonare. In genere, il ramo pubblico è innervato non dalla pietas, ma dall'aggressività, dalla prevaricazione, anche se talvolta addomesticata (la "scrofa", animale da cortile, ma non pacifico), aggressività presente in tutte le latitudini ("ai quattro angoli della lingua", vv.8-10). Platea e scrofa abitano anche l'io lirico e il tu del testo; "non c'è altro / infatti", e per tutti, null'altro che questa vita, che opera in un mondo inteso quale continua sorgiva (o sporgersi dalla tenda, scuotendola) al di là del bene e del male, continua nascita degli enti, siano essi "autobomba" o "lavoro", "ladro" o "amante" (vv.10-13). Questa verità, per quanto disumana, va tuttavia acquisita, conquistata, potenziata nelle sue zone luminose; nel "frattempo", come recita il titolo, si patisce il "bivio", la lacerazione, trasformando così la vita, da risorsa potenziale, in peso, deriva, inettitudine.



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