Gabriele Borgna
Artigianato sentimentale (pref. di Giuseppe Conte)
Puntoacapo, Pasturana 2017
Irriducibile Liguria, in tempi di scarsa considerazione del viver bene, ammesso che il termine non produca ancora irritazione e pensieri tutt’altro che favorevoli. Ma li produce. Voci ancora svelano le valenze e i significati di certi luoghi marini, su cui sono appoggiate colline ricche di fasce abbondanti d’ulivi, vigne e bergamotto, e poi Alpi che non vedono l’ora di scivolare nel mare. Se seguissimo le strade (e le regole) del Mito, le stesse professate da Giuseppe Conte (non a caso prefatore del libro di Gabriele Borgna) per molti decenni, sapremmo come addentrarci in questi territori con la sacca dei libri giusti: Camillo Sbarbaro, Mario Novaro, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Giovanni Boine, Pierangelo Baratono, Angiolo Silvio Novaro, Eugenio Montale. Perché qui siamo nella Riviera di Ponente, fra i lavoranti dell’oleificio Sasso nei primi anni del Novecento. E infatti la “Riviera ligure”, la rivista letteraria di quei luoghi e di quell’epoca, nacque come bollettino pubblicitario dell’azienda. E ospitò gran parte della poesia italiana allora in crescita. A distanza di un secolo sarebbe opportuno legarsi alle parole attecchite nei litorali dove Porto Maurizio si eleva e trattiene voci da ascoltare con attenzione. Le nuove leve dove stanno? Domanda spronante, prima di accettare i consigli delle Muse. Sempre più infuriate e quindi ostili per l’abbandono (tranne rari casi) a cui sono state sottoposte. Bisogna intendersi sul significato da riporre in loro, e nella disfunzione tecnica che ci ha consegnato a terrorismo e folklore. Le prime non stanno troppo bene, e si vestono volgarmente, mentre il disordine digitale abbatte i flâneurs dell’anima. Chi è ancora capace di curare queste Muse, lasciando perdere il commercio? E chi può resistere, con libertà di spirito e di gambe, all’assurdità tecnologica? I poeti, ma non tutti i poeti. Certamente non coloro che pretendono di esistere dentro i monitor presi in ostaggio dalle pagine social. Il sensibile, oggi, è il peggior nemico della poesia, e dunque delle Muse. I cataloghi ne sono pieni. Ma siamo fiduciosi nella cattiva qualità della carta, presto ingiallita, in breve tempo si polverizzerà. Gabriele Borgna, abitante di Porto Maurizio (paradigma necessario a quanto detto), attrezza il proprio esordio di tutte le intenzioni “storiche”, nulla sprecando dell’onda lunga giunta dal secolo scorso ai suoi piedi. Il linguaggio, il dialogo continuo con chi c’è e con chi se n’è andato, le svolte verso la realtà, e la ricca cordigliera di “fatiche civilizzatrici”, tutto questo sta nei confini di Artigianato sentimentale, confini di larghe vedute e di continui rimandi alla voce alta, non tiranneggiata dalle rumorose officine. Sono molti, lì dentro, i richiami al dialogo e alla compagniaricercata, voluta e presa tra le braccia. Tenendo a cuore le sorti famigliari, giammai lasciate indietro, fosse anche per un solo giorno o per rincorrere sul gozzo branchi di pesci al largo. Uomo di civiltà romantica, Borgna vuole su di sé tutta la vitalità di una lingua inseguita nelle pagine giuste. Sbarbaro sorriderebbe per tale impresa, vedrebbe prospettive a lui care. Tra mareggiate e calma di vento, l’Onda lungaè la scelta giusta per un autore che fa della sopravvivenza linguistica la misura del suo scrivere, fra inattesi scorci lirici (o se mai largamente dimenticati dai più) e brevi formalità discorsive intorno all’amore, senza trascurare frammenti idilliaci riecheggianti un altro mare dalle parti di Recanati. Varie tutele a cui Gabriele non si sottrae, anzi vi trova un conforto riguardoso verso il lettore, spinto con gesto fermo a un ambiente nello stesso tempo dentro e fuori casa. L’interesse per la ricerca è insieme apprendistato e desiderio di prendere a sé le passioni umane voltate in una lingua capace di cambiare la condizione della poesia e delle poetiche. È accaduto durante il Novecento, Borgna è qui per ricordarcelo, tenace ma lontano dalla lusinga. D’altronde se le generazioni liguri hanno avuto (e preso per sé) inviti da consegnare al resto dell’Italia letteraria, sono proprio i Murmuri ed echi (Mario Novaro) che rifiutano il bel canto in favore di repertori di un tocco ben più rugoso. Voce bassa ma continua, esito d’artigianato, frammenti come in un erbario di Sbarbaro: in fondo, dalla “Riviera ligure” a oggi, possedendo i giusti mezzi, gli infiniti spazi potrebbero benevolmente flettersi.
Elio Grasso
A ca’ de Jose
(au Portu)
Sdraiamoci nel ventre di questa cesta
d’aspra terra, dove i nostri amori
in bianco e nero dormono ancora
senza respiro, senza passare.
Lo senti l’odore del silenzio?
Esso ti ascolta. E tutto di te
scopre ed impara accovacciato,
baro nascosto
tra l’agave e il rosmarino.
Attraverso nuvole
cariche d’incognite la natura ci parla
dentro agli occhi, scrivendo il cielo
con rondini e ideogrammi.
Aiutami a impiccare ogni
singola afflizione ai fili
delle stese, educate all’inchino
duro della tramontana.
Riportami per mano
agli albori dei sogni di sabbia
quando respirando con lentezza il mare
ci promettemmo salsedine a vita…
Onda lunga
Non come il torrente confusionario
e sprecone nella ripida giovinezza
o il fiume nella sua sola possibile
meta che per uscire deve fare male.
Nemmeno come il lago
troppo dipendente
da intriganti emissari.
Non come lo stagno torbido dall’acqua
tersa in superficie
dove basta un tocco di libellula
a svelarne la natura melmosa.
Io per te sarò un oceano, un eterno
flusso senza fine, dall’onda lunga…
Sguardi
Occhi ciechi, prigionieri delle orbite
adagiati nel cosmo dentro ellissi stanche.
Comete fallite, mancati soli
mancate vite…
Chissà quale smisurato orrore
vi ha impietrito così tra le infinite
architetture del possibile,
facendovi buio in piena luna
dove tutte le stelle del cielo
talvolta sono meno dei baci
affannati di certi amori ritardatari.
da La vita è un giorno
I
Alba
Tumefatto prima di cadere.
Totalmente dipendente, piangente, appena nato.
Nessun piccolo sole puntato alla mia bocca.
Solo luce nel riflesso d’altri occhi
che in me vedono un foglio
non ancora scritto, dove tutto
può ricominciare.
II
Mattino
Padre a ore – tu – tu troppo presto
perduto, che con voce profonda m’avvolgevi
leggendomi d’oceani, e di tempeste
e di terribili naufragi sulle isole
bianche, le isole della fantasia…
A quell’oggi orfano
del passato e senza ancora un domani
apparivi così, altissimo, imponente,
uguale alla realtà,
fuori portata.
V
Tramonto
Resti umani appesi a una finestra
che seguono distratti la piena del mondo.
Tra avanzi di lucidità mi riconosco.
Per me, non è più tempo di credere ai miracoli
né all’ultima ora, che salva e redime.
Una siffatta verità è l’anticamera delal polvere.
Però la morte non pretende verità, ma vita.
Simulacro
Cammino. Passo e respiro.
Mi sono lasciato alle spalle
i grappoli d’auto, le teche d’ossidi
silicei e il cemento
che avviluppa uomini e cose
fondendo i giorni in un solo blocco.
L’occhio è già alla montagna
che vi vide tentare la scalata
in quella nuziale, mendace cordata.
In vetta – ai piedi della croce –
dove anche il pensiero va dosato,
qualcosa sfuggì ai can del soccorso…
È ciò che fu con voi dal primo campo base
e ancora e sempre dondola
sull’infernale abisso, simulacro
di una passione inusitata
appesa alla sua fune.
Erosione
Il mio dolore è una pietra,
un pianeta senz’orbita
che chiama tutto sole, purché bruci.
In lontananza,
barbagli di tempesta
scorticano dal buio
la pelle dell’istante
che s’inventa il mattino.
Mi chiedo che ora è, adesso,
mentre qualcosa dentro scivola, degrada,
lasciando spazio al vuoto
deserto che mi cresce e si distende
sotto lo sguardo che scruta l’orizzonte
e vede un campo di croci.