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Giorgio Bonacini su Maria Grazia Insinga

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Maria Grazia Insinga, Tirrenide, Anterem, 2020 (Premio Lorenzo Montano per la raccolta inedita), riflessione critica di A. Devicienti.

Questo che segue è la presentazione di Giorgio Bonacini, che doveva essere letta 
al Premio.

Una delle caratteristiche proprie della poesia è l’andamento sonoro che ne scandisce il tracciato, qualunque esso sia: lineare, accidentato, spezzato, in una struttura lirica o poematica. Ma questo, che sembra un’evidenza naturale, implicita e assodata del “dire in versi”, in realtà non è affatto scontata nella sua valenza profonda. Ed è proprio questa difficoltà (felicemente attiva, possiamo dire) a dare, con i suoi tratti distintivi mai univoci, particolari e indefiniti sensi a ogni esperienza di scrittura. La raccolta di Maria Grazia Insinga nasce e si sviluppa dentro un’architettura che non disgiunge suono e senso: anzi, li incrocia e li annoda in un movimento che porta la parola a “precipitare” dal “dirupo fonetico”, dove il corpo-fonema (così l’autrice sembra indicare la poesia che si fa verso anche dal nulla) senza mai distruggersi, si disgrega e si riforma, aggiungendo continuamente, all’intimità dei suoni, un accadimento impensato: l’apparizione pura e vitale di qualcosa che sembra inidoneo o sbagliato, mentre è, nella sua essenzialità, un refuso mistico. Un ritmo incongruo che nel suo errare (a volte in linea, a volte claudicante) all’interno del poema, arricchisce un dire che tende alla non-perfezione. A un’esistenza, cioè, in continuo cambiamento inaspettato, dove “il vero pensiero è... cedere al sogno” la sua forma e la sua facoltà. Perché la poesia è sempre discontinuità. Non è mettere ordine nel caos, ma da questo attingere modulazioni e sommovimenti per “incendiare la voce”.

_______________________________________________________
                                                                     (g.b. – 20 Agosto 2019)

dalla sezione LE TUFFATRICI

*
tutto di mala faccia da per tutto
ingoiare la gola a imbuto e lei
ci passeggia sopra su in strada
per tirrenide il viaggio è già
compiuto e alza lo scirocco e
il pianeta è perfetto sto per
sto per morire e tu parli parli


dalla sezione IL VUOTO

*
l’incendiario gira con una bottiglia
e le sigarette in testa e non riesce
a spegnere la testa
l’estremo esercizio delle rapide contro
dammi il mio arco quotidiano


dalla sezione LA RECREAZIONE

*
sulla fiumana ingrossata
alzava la testa il giunco
l’arco contro la piena
contro vuoti e pieni
e la forma sigillo


dalla sezione IL BUCO

*
un corso d’acqua rapido
per diventare eremita
sgombrando la mente
rimane sempre un buco


dalla sezione IL SONNO

*
                   chissà se ai morti è concesso il sogno

non puoi dire io dormo il sonno taglia prima
la testa e dimentichi tenti col sogno di ricordare
fai un ponte tra i due laghi della prosa e non
il mio lago è di una specie sconosciuta


dalla sezione L’INTERO

*
qui non c’è niente che riporta il dire ma
l’essere qui l’essere non è segmentato e
frantumato ma ingoiato e questo è
un atto di cannibalismo



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