DUE SÌ
Una brevissima parola straniera, tre lettere, arcaica, fulminante, è utilizzata da due poeti italiani in epoche diverse: naì, ναἱ. I poeti sono Andrea Zanzotto e Fabrizio Bregoli e la piccolissima particella verbale è rinvenibile in due componimenti appartenenti a “IX Ecloghe” (1962) e “Notizie da Patmos”(2019). Innanzitutto, le due opere generali si riferiscono a un modello di antica scrittura: in maniera diretta Zanzotto si ricollega alle egloghe o ecloghe della letteratura greca e latina, di cui l’esempio più illustre sono le “Bucoliche” di Virgilio; in maniera maggiormente simbolica Bregoli alla comunicazione epistolare dei primi apostoli. In tutti e due i modelli originari c’è un impianto di tipo dialogico, in tutti e due i modelli originari c’è inquietudine per i tempi difficili che si stanno vivendo e la speranza che si possa un giorno arrivare a un definitivo risanamento: l’età dell’oro per Virgilio, l’avvento del Nuovo Regno di Cristo per il Giovanni dell’Apocalisse.
Ma ritorniamo alle opere contemporanee e alla sottile sezione che ne vogliamo ricavare. In entrambe ritroviamo, come si è anticipato, l’adesione stilistica ad una tradizione, ma anche il travalicamento della norma linguistica, del canone poetico di riferimento. Questa vocazione aderisce a una riflessione metalinguistica che non è però scelta per pura astrazione intellettuale, per manifesto di intenti e applicazioni: il punto di partenza riguarda piuttosto temi biografici forti e nevralgici, quali possono essere l’amore non corrisposto fra padre e figlio e la discussione che si accende fra due insegnanti riguardo alla loro missione educativa.
Sia la parte di Zanzotto che quella di Bregoli si identifica non come poesia conchiusa in sé, ma come frammento o meglio congegno minimo, inserito in un meccanismo più ampio e complesso che si basa, per sviluppare il suo movimento linguistico e ideologico, su una dinamica colloquiale. Il nài di Zanzotto si inserisce in un contesto di contrapposizione dialogica fra due personaggi indicati semplicemente come a e b. I sopracitati sono due insegnanti ed è indubbio che nella Ecloga IX Andrea Zanzotto attinga alla sua esperienza di docente alle scuole medie di Pieve di Soligo. L’elemento indiziale risalta già nel titolo dato alla Ecloga IX: “Scolastica”.
a è amaro e disilluso, riconosce il suo disarmo morale di fronte alle naturali richieste dei giovanissimi alunni: “vengono i bimbi, ma nessuna parola/troveranno, nessun segno del vero./ Mentiremo. Mentirà il mondo in noi,/anche in te, pura.” (A. Zanzotto, Tutte le poesie, p. 221, Mondadori Milano, 2018).
b è una donna, si può immaginare una maestra fresca di nomina, con tutto l’entusiasmo del primo incarico. Pratica una maieutica della pace: “Io forse insegno a tollerare, a chiedere/ciò che illumina/ più nel chiederlo che nella risposta.” a ribatte allora in questo modo: “Tu forse insegni perché una risposta/hai generato in te. Sei poco, /un suono solo, una vocale un nài,/un sì (….)”. (ibid., p.222).
Il nài di Zanzotto come va interpretato? Come il rifugio già predisposto per tutti i dubbi che l’esperienza invece di sciogliere, accumula? Un atteggiamento fideistico, addirittura filisteo, oppure l’adesione ottimistica a un’etica della prassi, dell’impegno che non può lasciare spazi a perplessità e a tormenti elucubrativi? Lì davanti, seduti nei banchi, ci sono ragazzini che non si possono sacrificare nel nome del cinismo personale, l’educazione deve superare gli arretramenti dell’angoscia. Sì.
Sebbene non immediatamente riscontrabile pure il pezzo di Bregoli si inscrive nella struttura portante di un dialogo, anche se ‘in absentia’, ma la mancanza di relazione più che dolorosa e riscattabile, sembra propriamente costitutiva del rapporto tra padre e figlio, si potrebbe dire genetica e poi, nel solco della tradizione religiosa monoteistica, metafisica. Nel brano poetico precedente a quello che vogliamo prendere in considerazione, Bregoli afferma: “Ed anche qui/l’amore lo si è scritto in privazione/ipotesi che non si dà una prova. Il nostro, un dimostrarlo per assurdo.” (F. Bregoli, Notizie da Patmos, p.85, La vita felice, Milano 2019). “Notizie da Patmos” si regge sul tentativo proprio dell’algebra di avvicinare le parti, “Uno spazio dominabile. Finalmente nostro./Una paternità restituita.”(ibid. p.11) e sul dubbio quantico che le parti, per loro natura, scivolino via e non possano ricongiungersi. Nella poesia successiva compare il ναἱ di Bregoli. È un segno fioco, ma indelebile, da proteggere nel vuoto dell’esistenza e della sua possibilità di trascrizione poetica: “Celato in quel mai, un ναἱ/il suo bianco fragilissimo (…)”. (ibid.p.86)
Anche qui, come in Zanzotto, prima dubbio, disperazione, inazione e dopo appiglio, resistenza, fede.
Nelle “IX Ecloghe” il padre, definitivamente perduto, è evocato nella poesia “Così siamo” e in “Notizie da Patmos”, la metafora didattica è diffusa in varie parti dell’opera e ne è sostegno indispensabile. Se vogliamo trovare però un collegamento veramente forte tra l’emozione testuale di Bregoli e quella di Zanzotto, bisogna risalire alla Ecloga I. Un altro ’a’ dice: “Ma io non sono nulla/nulla più che il tuo fragile annuire.” (op.cit. p.170)
Sono passati cinquantasette anni tra la pubblicazione di “IX Ecloghe” e “Notizie da Patmos”, ma il tempo è relativo di fronte alla comune capacità dei due poeti di cogliere piccoli segni di salvezza nella pomposa messinscena del Nulla. Una goccia, la neve. Il dire soltanto una parola. I due sì di Zanzotto e Bregoli arrivano sulla soglia di chiusura delle loro rispettive opere. C’è una consapevolezza molto forte della dialettica tra vuoto assoluto e presenza (mai,ναἱ). I due sì sono i reduci di una lunga e faticosa guerra che tornano per un’ora e subito devono ripartire. Si vorrebbero trattenere e stringerli, ma si conosce sin troppo bene la loro condizione di precarietà. I sì sono punti atomici che appaiono per un attimo nel laboratorio dell’esistenza e della poesia e subito si convertono in onde inafferrabili. Eppure nella vita e sul foglio di scrittura li si cerca, li si attende, ci si aggrappa per quanto si può al loro raro germoglio.
Andrea Zanzotto, da Ecloga IX
a- Tu forse insegni perché una risposta
hai generato in te. Sei poco,
un suono solo, una vocale, un nài,
un sì: da fare grande
come l’iddio, un mondo tutto
di microcristalline
affermative sillabe.
Oh, una sola risposta: e tutto
Insegnerò, sed tantum dic verbo
Fabrizio Bregoli da Notizie da Patmos, in “Come in un inizio”.
Quando s’addensa, dove
trapana- è un vuoto. Dopo (dopo, quando?)
in quell’altrove, un oltre:
la resa necessaria, un
silenzio sull’arco della parola.
Celato in quel mai, un ναἱ
il suo bianco fragilissimo. La neve
delle sue mani.
Paolo Gera