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Cinque inediti di Cristina Annino

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Nota (mia):

1 A differenza della goccia in un racconto allegorico di Buzzati, la presenza in Minacciaè reale, debordante e senza volto, essere fisico, cosa, che la metafora elettrizza o trasforma, forse, in ladro (“tensione da scasso”): figura centrale anche in Madrid. L’a-capo amplifica la tensione emotiva, dà la scossa al discorso.

2 A Nikola Tesla, Edison rubò il brevetto. Un derubato, forse. E ancora un ladro, in controcampo, dunque. Annino chiama lo scienziato in soccorso, metonimia del sapere?, contro la civiltà del Crodino e dei ruffiani, sineddoche dell’inciviltà dei consumi. Benvenuta la poesia che denuda il presente quando suona falso, senza rivestirlo da morale.

3 Una figura trafitta dal potere, San Sebastiano, e la finzione del teatro: il mondo è teatro dice il barocco, a inaugurare la modernità. E ancora lui minaccioso, l’Omone “tornato a illuminare / le travi”. Nel Gemello carnivoro era “l’ecce coso”. I sicari aspettano giù. L’io lirico non canta: straccia la sintassi come segno di impotenza rabbiosa.

4 Si parte da una giornata di lampi, con qualcuno che “ci stanca”, morde e fugge. Ancora un ladro di gioia? La scena è a spirale: siamo noi a morderci il garrese? Siamo disposti a tutto purché qualcosa accada? L’evento salva, ma quale? A un certo punto della discesa, arriva qualcuno, quello, che piomba sulla “nostra / faccenda” e la butta a fiume.
Fuori dalla lingua, non c’è futuro.

5 La caverna custodisce i tesori di prima: il ladro, le sigarette, le lampadine spente. Forse fuori ci stanno i poeti rupestri, che rubano ai ricchi per dare a se stessi. L’osservazione è feroce e Narciso nega fermamente mentre ruba da Eliot. Ma Eliot quante volte va letto? E che cosa: La terra desolata o i Quattro quartetti?



Minaccia


So ogni volta tre
cose: che forse
potrei impedire ciò
che farà. Magari
succede e non capirò
perché. Che mai però
sarà una colpa…
Quando lo
vidi salire le scale, tutto
sorrisi, centimetri, e fioca
intermittenza dentro. Fu
tensione da scasso o
lampioni di strada. Mi
fulminava la faccia
elettricamente, palo
da palo, con luce
compressa; era troppa
massa in un corpo
solo. Finché l’Ombra
intera mi fu sopra.




Cena con Tesla


Allora grazie per essere 
qui, noi che siamo
bottiglie. Si vive sul nostro
Crodino (ognuno il suo; ce ne sono
altissimi come pali). Noi
beviamo senza invidiarli. Caro
 il mio Tesla, vogliamo metterlo in
versi, losdegno sovrano della
carne per quella stracotta dei ruffiani? Mi       
guardi – falsi eredi, una
guerra!- Vero. Io fumo, ti stendi, mi
chiedi la sigaretta.



****


Pesanti gli scalini
come sono le scale;
Omone o Michlen, venga!
In ogni
stanza, passi di
noi due quasi
fosse lui solo, tornato a
illuminare
le travi. Ma laggiù
sulla porta, che fanno i
sicari? Infilzano doppi il 
Sebastiano vero poi 
via! Così
la dispersione scuce
molecolari: da una
parte i Fanti, dall’altra
i Santi del nostro cognome e
mettono il copione a
teatro. (Ma Ingresso del
pensiero, lui era dal
secolo annunciato come
cima delle due ali).
Creò
la casa
con frecce che sembrano
fari, balenii a squarci di
lampo. Luce,
dappertutto! In
tribunale
fece un atto così
di croce che
tradisce. Oggi ha
i più
perfetti nomi in mano come chiodi
di garofano.




Ultimi lampi


Malinconia geniale se arriva
fango alle porte di casa! Ma
quando piove così a lampi per
strada, neppure un compare di
danza potrebbe o la chirurgia.
Cerco
di capire chi sia che ci stanca
avanti indietro; s’attacca al
garrese, giro
eterno, poi scappa
volando sui tacchi coi nostri
volti. Forse ancora
ci tiene al mondo la voglia di
qualche evento.
Credo di
reincarnarmi o sia avvenuta una
grazia! nel lampo di
chiaroveggenza invece
penso: Quello
piomba
nella barca ferma di noi; ci
solleva una mano e sente
l’odore semivivo dei polsi. Ma
schiaccia
senza pena col piede la nostra
faccenda, la getta come niente dal
ponte. Rende insomma pulita la bomba.




La  caverna


Siamo seri. Lui sposta
scrivendo aria e basta. NON
leggere Eliot più d’una volta (se ci
riesci), i più mediocri furti
nascono dal tabaccaio. Tosa
con le mani ogni cosa dal
mondo. Hai presente le siepi?
Che altro!  C’è chi
starnutisce sinfonie celesti col
naso, ma ci sono lampadine
spente e bagliori fatui (Dal
tabaccaio ripeto, rubano
cartine fumando sigarette
curvi insieme sull’accendino,
come rupestri nella parete).




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