E. Reginato intervista A. Rojas Guardia
ARMANDO ROJAS GUARDIA,IL POETA VENEZUELANO
CHE SOGNAVA vivere a Genova
Di Erika Reginato
“Muoiono i poeti ma non muore la poesia perché la poesia e infinita come la vita”, ricorda Aldo Palazzeschi. Loro rimangono nella nostra visione come scintille. Ricordo l’ultima intervista che ho fatto al poeta venezuelano Armando Rojas Guardia (1949-2020). È stato invitato, a Genova, città incantata dal mare della penisola italiana, nella 24essima edizione del Festival Internazionale di Poesia. Parole Spalancate.
Scrive il poeta Rojas Guardia:
Posto comune
oggi l’umile luccichio
così ovvio
Solo nel silenzio
scopro
che Suoni
Questi sono i versi che ho seguito nel mio percorso del viaggio dal Venezuela fino Italia. L’incontro con la poesia mi ha segnato: paesaggi dell’anima dove percorrevo le curve polverose della mia patria. La poesia è un luogo segreto che ci unisce al cosmo: la esperienza che tocca tutti i sensi, gli istanti della vita.
La mia esperienza poetica ha cominciato a Caracas. Erano gli anni in cui ci trovavamo nella Casa de la Poesia Pérez Bonalde che dirigeva il poeta Santos López, e che organizzava tutti gli anni la Settimana Internazionale della Poesia. Ho potuto conoscere rilevanti poeti venezuelani come il poeta Armando Rojas Guardia e italiani come i poeti Milo De Angelis, Roberto Mussapi, Davide Rondoni, Giuseppe Conte e Alessandro Ceni che sono stati ospite nello scenario poetico venezuelano. Dopo, nell’estero, ho seguito lo studio della poesia scritta in due lingue e la traduzione come poeta e anche come lettrice. La poesia venezuelana è un salvataggio, è la ricerca individuale che ci unisce alla poesia dell’esilio.
Dice il poeta Armando Rojas Guardia: “Questa è la sfida morale, l’armonia che si deve mantenere. Vivere poeticamente è vivere nella resistenza, e opporsi all’orrore e la barbarie che soffre il popolo venezuelano…”
Il poeta Armando Rojas Guardia è stato invitato nella 24essima edizione del Festival Internazionale della Poesia di Genova (2018), organizzato dal poeta Claudio Pozzani. Nel Palazzo Ducale, abbiamo avuto l’onore di sentirlo quando diceva a memoria la sua poesia “Patria”, insieme al poeta venezuelano José Pulido e la poetessa Hebes Munoz.
Erika Reginato: dice Maria Cvetaeva: quando scrivo poesie è come si qualcosa dentro me, vuole essere.
Quell’essere vuole chiedere al peta Rojas Guardia: come nasce l’uso della parola nel poeta? E Chi sono stati i suoi maestri?
Armando Rojas Guardia: Mio padre era un poeta. Il suo esempio è stato cruciale per la mia vocazione letteraria. Una zia mia, mia zia Albertina, abituava a raccontare che avendo io, solo 4 anni di età, un giorno mi domandai: Armando, quando sarai grande, sarai poeta? Ed io risposi: Non è che lo diventerò, e che io sono già un poeta. Questo capitolo della mia vita è inspiegabile senza l’ombra del benessere dell’esempio paterno.
ER: Penso che la poesia nasce come una esplosione. È la somma di silenzi e suoni. Che è la poesia per il poeta Rojas Guardia?
ARG: La poesia è pensiero analogico e simbolo strutturato ritmicamente. Quando è pensiero, un tipo-altro di pensiero, non è un semplice impulso irrazionale: è la percezione specifica della realtà. Di questo fatto, si rende conto il poeta.
ER: Le letture di poesie che percorriamo dall’inizio della nostra ricerca, sempre ci hanno lasciato delle tracce nel nostro lavoro creativo. Chi sono i suoi maestri?
ARG: Ho avuto diversi maestri: Dante, Eliot, Ezra Pound e in Venezuela il poeta Rafael Cadenas (1930, nominato al premio Nobel di Letteratura 2020), e mi porta ad avere curiosità, il tono alto della dizione e la versificazione pronunciata dal poeta venezuelano Eugenio Montejo (1938+2008).
ER: Uno studente cerca nei suoi libri qualche sentimento in comune con lo scrittore, un sentimento di inquietudine in quel momento sconosciuto nel quale scopre la sua vocazione o la punteggia. Cosa li potrebbe dire un poeta maggiore a un giovane poeta?
ARG: A un giovane poeta li direbbe che insista nel compito di scrivere a malincuore, anche negli istanti duri e dubbiosi: tenacia e impegno, che si traduce in quella stancabile e paziente capacità di riscrivere e correggere il testo.
ER: Questa è una città di mare, un porto di ancoraggio nella penisola italica, come ha scritto il poeta Giuseppe Ungaretti.
Di visita nel Festival Internazionale di Poesia. Parole spalancate.Come si sente un poeta venezuelano per le strade di questa città?
ARG: Credo che già mi stia innamorando di Genova. È una città per vivere in lei: meravigliosa, pulcra, piena da angoli bellissimi e straordinari. Non tutte le città che si conoscono meritano queste parole che adesso devo ripetere coscientemente: Genova è una città per vivere.
ER: Il nome del compositore di musica classica che ama?
E un musico del ventesimo secolo?
ARG: Il musico classico che mi piace di più è Jean Sebastian Bach e un musico del secolo XX, Joan Manuel Serrat.
ER: Che pittore del rinascimento li piace e che pittore contemporaneo preferisce?
ARG: Pittore italiano del rinascimento: Caravaggio e pittore contemporaneo: Joan Miró.
ER: E per finire, mi può dire la sua canzone preferita?
ARG: Una canzone della quale ho dimenticato il titolo però che mi commuove fino le lacrime quando la ascolto nella voce di Nina Simone: il suo leit-motiv, il suo ritornello consiste nella ripetizione, ovvia delle parole in inglese di queste parole: “Non ho…”
Ain’t go no / I got life
Ain’t got no home, ain’t got no schoes, / Ain’t got no money, ain’t got no class,
Ain’t got no friends, ain’t got no schoolin’, / Ain’t got no wear, ain’t got no job,
Ain’t got no man… / I got my hair, i got my head …
I got my brais, I got my ears, / I got my eyes, I got my nose, /
I got my mouth, I got my smile…
Nina Simone finisce cantando la canzone con la stessa umiltà che ha rivelato il poeta, cantando nel silenzio dell’anima la libertà di non possedere nulla soltanto la esistenza e di conquistare la totalità dei suoi sensi nella parola seminata lungo il cammino che ha percorso.
Poesie de Armando Rojas Guardia
Traduzione: Erika Reginato
poesia DELL’ARRIVO
Quando arrivi
tu il vuoto il niente il già
quel che io non so il suo nome
non interessa
quando arrivi
mi sento perdere la voce
mi secco le parole
suono
semplicemente come te
senza lamento senza colpo
senza scricchioli
suono come te
Quando vieni
ho fretta
per dire
per chiamarti di qualche modo
per chiamarmi
anch’io
per riconoscermi finalmente
nella tua presenza
mi getto precipito
scuoto la quiete
macchio il pulito
tutto è un po’ vuoto un po’ goccia
inapprensibile
un po’esattamente niente
un po’silenzio
Quando tu arrivi
apro allargo stringo
mi dilato
non so cosa dire
se non che apro
inutili clausure
Tu nel canto
tu il fischio il fragile il senza peso
giri delicati fili
i miei nodi
slacci
Quando tu arrivi
niente dici
e mi dici
Niente chiedi
Quel che sarai tu l’implacabile
l’sterminatore, il Nemico
Niente chiedi
Sei
Solo ascolto come sei
solo ascolto come sono
e voglio
essere
cosi quello che ascolto
mi abbandono
Quando tu arrivi
c’è una coincidenza esatta
ti guardo
nel profondo
di quello che desidero
che bugia
che impossibile
che stupido
volere quello che non vuoi
volere quello che non voglio
e allora
già non è altro che la pace
la precisa ubicazione
l’essere breve
Quando tu arrivi
non sei venuto
ormai sei da sempre
POEMA DE LA LLEGADA
Cuando tú vienes
tú el vacío el nada el ya.
el que yo no sé su nombre
ni interesa
cuando tu vienes
me siento perder voz
me seco de palabras
sueno
simplemente
como tú
sin queja sin golpe
sin crujidos
sueno como tú
Cuando tú vienes
tengo prisa
por decir
por llamarte de algún modo
por nombrarme
a mí también
para al fin reconocerme
en tu presencia
me abalanzo precipito
sacudo la quietud
mancho lo limpio
todo es tan vacío tan gota
inaprehensible
tan exactamente nada
tan silencio
Cuando tú vienes
abro ensancho acojo
me dilato
no sé decir
sino que abro
inútiles clausuras
Tú en el canto
tú el silbo el suave el que no pesas
vuelves hilos levísimos
mis nudos
me desatas
Cuando tú vienes
nada dices
y me dices
Nada pides
Qué vas a ser tú el implacable
el exterminador, el Enemigo
Nada pides
eres
Sólo oigo como eres
sólo oigo como soy
y quiero
ser
así eso que escucho
me abandono
Cuando tú vienes
hay una exacta coincidencia
te miro
en lo profundo
de aquello que deseo
qué mentira
qué imposible
qué estúpido
querer lo que no quieres
querer lo que no quiero
y entonces
ya no es sino la paz
la precisa ubicación
el ser escueto
Cuando tú vienes
no has venido
estás ya desde siempre
***
FONDO NERO
Limpida e fredda, la notte di dicembre
è la immagine perfetta della mia anima:
Caracas brucia fuori, indifferente,
nell’attimo che io sono un nulla
Leggerissimo
dove cadono galleggiando i minuti.
Non penso a niente adesso. E niente mi manca.
Nessun obbligo. Nessuna agenda
un po’ di questa grave quiete
per riempire di musica (Satie, forse)
e lenti sigaretti e silenzi
e il nero sogno della pace, vuoto.
FONDO NEGRO
Limpia y fría, la noche de diciembre
es la imagen perfecta de mi alma:
Caracas arde fuera, indiferente,
mientras yo soy un hueco
Livianísimo
donde caen flotando los minutos.
En nada pienso ahora. Y nada añoro.
Ninguna obligación. Ninguna agenda.
Apenas esta ingrávida quietud
para llenar de música (Satie, acaso)
y lentos cigarros y silencio
y el negro sueño de la paz y el vacío.
***
POESIA
Fatto di croste,
di immagine naufraghe,
convesse,
refrattarie come un vetro cieco.
Fatto solo di nebbia
e polvere.
Vanità opaca, ostacolando.
Poesía
Hecho de costras,
de imágenes náufragas,
convexas,
refractarias como un vidrio ciego.
Hecho solo de bruma
y polvareda.
Opaca vanidad, interponiéndose.
***
Plegaria Matutina
Que esta luz sea en verdad el principio
y esta ropa limpia la manera
de vestir, agasajándolo,
al huésped sagrado e indiscreto
que soy yo de mí mismo;
que mis zapatos sean los zuecos de Van Gogh
inaugurando una jornada
donde el sol se demore
y sea rotundo el pan sobre la mesa;
que la bocanada fértil del cigarro
-la primera del día, la inocente-
coseche a la postre un dibujo fragante:
la rosa de los vientos
parecida a ti, desnudo.
PREGHIERA DEL MATTINO
Che questa luce sia il vero principio
e questi vestiti puliti, la maniera di vestire,
divertendo
all’ospite sacro e indiscreto
che sono io da me stesso
che le mie scarpe siano come i zoccoli di Van Gogh
spalancando la giornata
dove il sole si rallenta
e sia clamoroso il pane sopra il tavolo;
che la boccata fertile della sigaretta
-la prima del giorno, l’innocente-
Ho raccolto di qualsiasi maniera un disegno fragrante:
la rosa dei venti,
simile a te, nudo.
Armando Rojas Guardia, (Caracas, 8 settembre1949 - luglio 2020), filosofo, poeta, saggista. Il suo lavoro è stato riconosciuto internazionalmente. È stato tra i fondatori del gruppo letterario di Caracas “Traffico”, (1981). Tra i suoi libri pubblicati in Venezuela: Del mismo amor ardiendo (1979), Poemas de quebrada de la virgen (1985), Yo que supe de la vieja herida (1985), Hacia la noche viva (1989), La nada vigilante (1994), El esplendor y la espera (2000), Patria (2008), Mapa del desalojo (2014), (Antología poética, Armando Rojas Guardia, Monte Ávila Editores). Tra i suoi saggi: El Dios de la intemperie (1985), El calidoscopio de Hermes, (1989), Diario merideño (1992), Crónica de la memoria (1999), La otra locura (2017), El deseo y el infinito (diarios 2015-2017). Ha pubblicato il suo racconto Proserpina (2015). Premio di poesia del Consiglio Nazionale di Cultura del Venezuela (1986) e Premio di Saggi della Biennale Mariano Picòn Salas (1997). In Italia sono stati tradotto e pubblicati alcuni delle sue poesie nell’Antologia bilingue: Poeti Uniti per il Venezuela, (de Lisette Fernandez, Erika Reginato. Poetas Unidos por Venezuela, selezione di poesia venezuelana,2019). Membro della Academia della Lingua spagnola, (2016-2020). La sua opera è stata tradotta a diverse lingue.