foto di Paola Mischiatti
Dalla crisi del neorealismo ad oggi, la poesia italiana non ha mai smesso di organizzare dei nuclei di militante sperimentalismo giocato soprattutto sul piano dei significanti e delle regole della comunicazione, facendo spesso tesoro delle coeve ricerche internazionali. Eppure, in gran parte dei nati negli anni ottanta (e in quelli degli anni settanta), sento inconsapevolezza o indifferenza o persino astio verso tutto ciò. Fanno eccezione per esempio Luca Rizzatello e Nicola Cavallaro, che hanno coraggiosamente fondato una casa editrice che punta sulla ricerca, sulla sperimentazione: la Prufrock spa. Uno dei suoi frutti migliori è parlo dentro di Andrea Lorenzoni, uscito nel 2012. L'autore fa tesoro del protocostruttivismo di Lev Vigostky, quella sua parte di ricerca volta a dimostrare che linguaggio e pensiero interagiscono sino a cortocircuitare quando cercano di dare un senso univoco all'interiorità, quando insomma il soggetto si parla dentro per mettere ordine alla complessa struttura identitaria. Tentando di produrre tassonomie di senso nascono inevitabili aporie, resistenze d'ambiguità che chiedono di essere risolte. La poetica di Lorenzoni chiede perciò un lettore disposto a interagire con la costruzione del senso, lo vuole consapevole delle dinamiche profonde in cui il linguaggio e il pensiero interagiscono, un lettore capace di cogliere l'elemento emotivo nella più piccola particella semantica, di ricongiungere i punti, di particella in particella, per l'emersione di una più limpida affettività, e di farsi compartecipe di un'esperienza tutta interiore del poeta. Un'esperienza ancora in fieri, non ancora sintatticamente compiuta, ma non per questo asemantica.
Se le neoavanguardie praticavano la poesia difficile per ragioni di politica culturale (per proporre beni non vendibili e dunque dichiarare che la poesia non è merce – detto in un momento in cui il mercato cominciava a diventare globale e tutto veniva valutato secondo il principio economico delle equivalenze –; per denunciare la passività del lettore, ridotto a mero consumatore e ricettore del messaggio pubblicitario; per contrastare il linguaggio quale veicolo di valori funzionali al mantenimento dello società dei consumi e dell'ingiustizia; per destrutturare la natura fascista della grammatica, dove il soggetto piega alla proprie necessità di leadership le altre parti del discorso) per Lorenzoni, uomo del postideologismo, il neocapitalismo non è più, pasolinianamente, seconda tragica natura, bensì natura tout court; non nemico che si deve combattere, ma ambiente difficile in cui bisogna crescere, scavandosi uno spazio vivibile, un cordone privato parzialmente salvifico. E qui la parola ha un ruolo decisivo, nel suo anarchico procedere, nel suo scintillio metaforico eppure claudicante, nel suo deragliamento analogico che avviene dentro un monsieur tuttatesta, un uomo-linguaggio chiuso in un tempo compresso, praticamente fermo. L'immobilità che ne consegue impedisce a Lorenzoni di inserire nei testi una o più mappe che fungano da metalinguaggio, da decodificatore interno, utili a chiarire le regole del gioco al lettore, così da farlo entrare nel meccanismo labirintico in cui lo colloca l'autore. Entrare implica infatti due condizioni, qui assenti: spazio organizzato e movimento. Lo spazio, in parlo dentro, ha la dimensione dell'azione elementare o della stringa di senso (per es: "tenta la carezza", "mi piace dirlo, lo dico", "non posso sapere", "il plettro in cassa armonica") e il movimento chiede appunto il tempo della narrazione, del prima e del poi intrecciati in una logica riconoscibile. Se un limite esiste, in questo libro, è proprio questa rinuncia all'abitabilità, in nome forse della coerenza metodologica.
Aprirsi alla comunicazione non significa per forza omologare la scrittura o banalizzare, bensì credere che spazio e tempo siano praticabili e condivisibili in un'intimità aperta dalla lingua, in un'esperienza dove autore e lettore si riconoscano inadeguati eppure solidali nel mettersi in viaggio verso un orizzonte di senso possibile, la cui chiave non rimanga di proprietà del mittente (come capita spesso in queste poesie, per quanto lodevole sia la ricerca di originalità e certa la forza in taluni passaggi), bensì appartenga alla complessità del codice, a propria volta correlativo oggettivo della complessità umana.
da parlo dentro (Edizioni Prufrock spa, 2012)
la sigaretta fuma la cena
un coltello taglia la luna
cariche di paracetamolo
le navi alla fonda
il plettro in cassa armonica
e pozze di lago e di luce
nel mare di crespo
il fumo rapprende il muco
e scalda per l'inverno
sgruma il pensiero, fa spazio
sorbe il percorso, scroscia
la manica in avanti
la chiusa del tempo
*
da tè scevra con gli anziani
il tappeto da tavolo, assorbente
il bicchiere traballa il cane
non parla, magro defila i lontani
parenti, langue ma il gatto resta
il fiato fluisce nel trasparente
aliena la materia dell'arredo, totale
*
di bianco gratta via turca
bagna la sauna dell'impero
penso oggi condiziona
l'autovettura da viaggio
antizanzare il baldacchino
potere grande definisce
non sanno, credo, dur
la fede, evet il senso mistico
nel ponte si vive meglio
il grano arcuato, il pesce
d'aria secca piange l'islam
relax miglio, io lontano
dai vulcani gassosi, calcare
i finti dervisci dell'unesco
sfiancano un punto mistico
ri-catto, uguale: il rituale
terapico, la scienza profusa
*
duri avanti, spasmi
entro per un tempo
più lungo del solito
sin qui, rapinato
dall'umore di famiglia
che donna solleva
una sola se si può
accerchia il roghetto
della sigaretta, il caffè
sorbe il labbro in carne
al capezzolo o al niente
non posso sapere
un bolígrafo para
el caballero por favor
*
e sulla palpebra
i cerchietti di cobalto
strabiliano un ciclo di lune
onirico lacerto di storia, privo
*
donna occhi chiari linea turge
il labbro e solida riempie il volto
mi fonde la pressione, tradizione
la ragione di simbiosi potenziale
l'amore piano, le vesti le volano
suonabili, fregiata di scuola
da liutaio in vetrina per gioco
la pelle il desiderio che faccio
mentre ti accordo la sapienza
non conosco l'artigianato, ammiro
cerco la struttura, che sia degna
Andrea Lorenzoni è nato nel 1985 e vive a Bologna. Lavora come insegnante di sostegno nella Scuola Primaria, collabora alle pagine culturali di Caffè News online magazine e fa parte del gruppo di poesia Lo Spazio Esposto. È ilcantante e bassista del gruppo musicale Divanofobia. Parlo dentroè il suoprimo libro.