Quantcast
Channel: blanc de ta nuque
Viewing all articles
Browse latest Browse all 366

Andrea Lorenzoni: dichiarazione di poetica

$
0
0

Lo faccio raramente, ma quando ho dei dubbi sulla poetica di qualcuno, lo contatto e gli pongo delle questioni per capire se mi sbaglio e per sentire sino a che punto è consapevole delle proprie scelte. Quanto segue, è la risposta che mi ha spedito Andrea. Credo meriti di essere pubblicata. Ciò rende ragione del suo lavoro, ma anche, credo, del mio.


La mia scelta di scrivere con una struttura sintattica praticamente inesistente – in realtà continuamente esistente, per il lettore che lo vuole, anche se spesso, non sempre, per frammenti sempre modificabili, a seconda del significato dato al significante di volta in volta - è dettata da molteplici ragioni, a livelli differenti. Una ragione estetica personale che vede in questo tipo di scrittura - in un certo senso “frammentata” - una cifra di ribellione e di novità rispetto a molte poetiche. Probabilmente in origine questa è una ragione quasi pulsionale, ma che ho deciso di seguire perché penso che permetta di aprire nuove strade e di intraprendere un proprio percorso di ricerca che può consentire di giungere ad esiti interessanti sotto vari aspetti, non ultimo quello di scrivere qualcosa di originale e di non “già letto”. In questo senso, il mio piacere estetico deriva anche probabilmente dalla mia vita famigliare passata e dal fatto che faccio l'insegnante di sostegno nella scuola primaria.

Già da questo atteggiamento penso si capisca che non è mai stato nelle mie intenzioni rifarmi in toto a qualche poeta o a qualche poetica specifica né tantomeno ho perseguito l'obiettivo di voler essere ricondotto dal lettore a qualcuno di questi (copiarli). L'idea che c'è alla base invece è quella di dare rappresentazione della ricerca personale che caratterizza la mia vita e quindi, inevitabilmente, di depositare sulla carta del libro tracce della mia biografia. Questo non per presunzione di saggezza o, peggio, per narcisismo patologico ma al fine di mettere sul tavolo del dibattito, o del dialogo, fra le persone che lo vogliano alcune idee che propongo, che sono sia pratico-esistenziali sia più strettamente artistico creative.

Ho fatto studi di pedagogia quindi quella è la mia formazione universitaria. Nella scrittura mi rifaccio liberamente alle argomentazioni che faceva Vygotskij in “Pensiero e linguaggio” quando spiega (o ipotizza) il legame fra il pensiero e il linguaggio appunto, e in particolare quando descrive il pensiero umano come caratterizzato da molteplici fenomeni economici (mentali) ed ellittici che possono creare delle ambiguità o dei veri e propri errori o misconcezioni (duplici legami sintattici, ambiguità semantiche) nella rappresentazione della propria realtà interiore o esteriore. Infatti Vygotskij collocava la scrittura (con sintassi...) all'apice delle forme di linguaggio umano, proprio perché essa costringe alla logicità della sintassi, ovvero, diciamo, alla massima chiarezza possibile della rappresentazione mentale “pratica”, direi. Per la poesia andrebbe fatto un discorso a parte. Quindi idealmente – come modello creativo formale – cerco di riprodurre nelle poesie alcuni andamenti del pensiero, con le loro economie e con le loro ellissi appunto. Questo, sempre idealmente, consente una scrittura più “intima” e “risonante” (nel lettore), diciamo, una scrittura da leggere in silenzio o da pronunciare fra sé e sé più che da leggere ad altri. Questo a livello di significati. A livello di musicalità invece è una scrittura che nasce anche come apprezzabile a livello orale nel caso venga recitata (essendo io anche musicista pop sono legato alla poesia lirica proprio nel senso etimologico greco “che si accompagna con la lira). Ciò non esclude né il fatto che ne possano essere trovati significati in un ascolto orale né il fatto che giochi un ruolo importante la musicalità durante una lettura in silenzio. Ovviamente che io parli di scrittura “intima” e “risonante” non significa che essa rappresenti dei miei flussi di coscienza estemporanei. Piuttosto sono poesie intime a livello di contenuti, per quel che mi riguarda. Sono poesie molto cesellate e costruite, come penso sia evidente. E la lettura privata, in silenzio, con il supporto da poter riprendere in mano all'occorrenza serve, io credo, per poter elaborare i molteplici caratteri di densità a cui alla fine ho portato la mia scrittura. Certamente c'è un flusso di parole in cui lascio spazio a ripetuti deragliamenti analogici, ciò però ancora una volta a riprodurre idealmente l'andamento del nostro pensiero, il quale, Freud alla mente, non è affatto lineare. In ultima analisi, penso che l'analogia sia senso, semantica. Allo stesso tempo voglio si recuperi il senso delle parole: non a caso, per recuperare l'attenzione del lettore, spesso distruggo le frasi fatte (“va a letto senza cena/timone”, “ascolto al giorno laico/santo giorno”...) Alla base di questo “dispositivo semiotico” - così l'ha definito Francesco Carbognin – c'è comunque una sorta di divertimento, di piacere intellettuale mio, il quale tiene gran conto del valore del gioco, anche intellettuale appunto. Ancora i miei studi universitari fanno capolino.
A proposito della tua seconda domanda ti rispondo che ti sbagli a pensare che sia un testo della neoavanguardia perché non ne ha le caratteristiche principali e perché nel testo non c'è solo la neoavanguardia. Innanzitutto non ho avversioni pregiudiziali verso il neo capitalismo, piuttosto un tenace spirito critico sulle cose all'insegna, per quanto possibile, dell'onestà intellettuale. Poi non c'è disprezzo per l'intimismo malinconico e penso che questo si noti leggendo versi come “se c'è una verità umana / altrimenti sono così come adesso” (p.20), “io e te spariamo / ci evitiamo nel tempo / fossimo un pendolo / insieme”(p.28), “controluce trasparente / bluastra, dice, astro / di amore il cielo e il mare / esplorati non del tutto” (p.29), “quando sentirò / il riflesso del / dico, amore” (p. 35), “non capiamo il taciuto / dorme nell'acqua” (p.40). Credo che veda bene Luca Rizzatello – in qualità di editore – quando nella nota di presentazione del libro rileva la presenza al suo interno di una “sensualità lirica”. Infatti confermo che c'è tantissimo sentimento soggettivo dell'autore. Aggiungo un altro esempio: “tenta la carezza da re / a te la quiete espansa / ascolto al giorno laico / con te il piano terra / ti soffro piccino dai tetti” (p.15). Certo, come scrive Luca, cerco di mantenere “la giusta distanza dal lettore” ma non ho avversione verso la poesia lirica né la censuro nello scrivere.

Né tanto meno mi riconosco, se questo può essere pensato, nella poetica della “non significanza”. Tutt'altro. Sebbene filtrata dalla deformazione testuale che si percepisce in superficie in un primo momento la componente comunicativa c'è. Si comunicano pensiero, asserzioni, stati di coscienza quasi a costruire una “poesia dell'essere”, ossia del corpo e della mente insieme (intesi non in un senso orfico ma nel senso di Leib husserliano). Quando scrivo “desidera, schiocchi cellulosa / che TV irretisce e capisci / solo se per due anni non guardi / ma dialoga” (p.7) sto asserendo in maniera decisa, sto esortando a desiderare e a dialogare per perseguire i propri desideri evitando di farsi irretire dalla televisione di cui ti rendi conto dell'effetto sulla tua coscienza solo se smetti di guardarla per due anni. Quando scrivo la poesia “il sangue deflagra la pelle” (p. 10) descrivo un coito in cui interviene l'irrazionale desiderio materno. Potrei continuare così per ogni poesia e sarebbe interessante, tra l'altro, notare i vari slittamenti semantici, sovrapposizioni fra campi semantici, assonanze mentali: cellulosa-celluloide-fiction-tv, girino-prole-arca di Noè-barca-timone. I titoli stessi delle sezioni sono intesi in senso fortemente pedagogico: tranne “ioni di eros”, che comunque vuole descrivere delle dinamiche d'amore specifiche, “conoscenza”, “integrazione”, “dinamo”, “bibliografia” sono tutte parole che sottendono delle esortazioni: a conoscere, a integrare – la propria identità, le etnie, i punti di vista – a muoversi con la mente e con il corpo per produrre energia positiva – luce – a leggere libri.

Se invece vediamo note neo avanguardistiche nel piacere per il gioco in senso lato, come intendevo più sopra, o per il gioco di parole probabilmente queste ci sono. Però è un gioco piacevole e faticosissimo allo stesso tempo. Intendo dire che non è gioco frivolo ma è gioco inteso con significato profondo evolutivo, un gioco che può essere trovato in ogni “lavoro” degno di essere definito tale. Un gioco complesso nella scrittura perché deve tenere insieme il divertimento linguistico con la volontà comunicativa, la cifra lirica e il ritmo.

Detto questo non rifiuto un possibile accostamento della mia scrittura alle neoavanguardie a patto che questo sia fatto in maniera puntuale su loro specifici aspetti. Quello che voglio dire è che mi sento libero di poter recuperare potenzialità da qualsiasi corrente letteraria del passato fosse anche per amore verso qualche caratteristica stilistica specifica. In questo non vedo niente di male. L'importante è che questo recupero sia fatto in maniera funzionale al mio spirito critico, di cui dicevo, sul mondo, e al mio desiderio di originalità creativa. D'altronde credo che sia “integrazione” la parola chiave per una scrittura contemporanea. Non a caso è anche il titolo di una sezione del libro. Forse il fatto che io sia nato da madre bolognese e padre pakistano mi aiuta o mi spinge in questa direzione. Come vedi ancora una volta torna la mia biografia.

Non ho riflettuto a sufficienza su questo tema ma ho come l'impressione che la necessità di collocare ogni scrittura in una corrente letteraria specifica oltre che deleterio per il poeta possa essere nocivo anche per la critica. Trovo le partizioni letterarie spesso semplicistiche, fuorvianti, riduttive. Ho come l'idea che valga più la pena di occuparsi della scrittura di un singolo autore nel suo manifestarsi nel tempo e tenendo conto della sua storia (considerando anche gli aspetti psicologici, di desideri o di volontà personali dell'autore) più che occuparsi di dove collocare l'autore nella gamma di correnti letterarie. Con questo non voglio insinuare che tu lo stia facendo, la tua domanda si riferisce al testo e non all'autore, anche perché è il mio primo libro. Questa argomentazione mi serve solo a comunicarti meglio la mia distanza dalla volontà di appartenere come autore ad un genere o ad una corrente come la neoavanguardia. Se il testo risulta neo avanguardistico ciò è avvenuto in maniera inconsapevole e ne prendo atto per il futuro. Stando però alle argomentazione e agli esempi che ho fatto più sopra questo mi sembra riduttivo. 
[...]
Dunque la molteplice ascrivibilità della mia parola mi sembra che sia notata anche da persone che non sono io; non mi sembra calzante un semplice accostamento alle neo avanguardie. Credo che proprio per il fatto che il mio testo possa risultare faticoso, chiuso, strano, enigmatico, disturbante, esso non sia ascrivibile a qualcosa di già codificato, di scontato o di già letto. D'altronde tinte razionali, tinte di denuncia, tinte orfiche, tinte sperimentali, tinte liriche, tinte ermetiche, sono tutte sfumature proprie dell'esistenza umana e di ciascuno di noi. Credo che la cosa interessante sia come l'autore riesce a mettere insieme questi elementi in maniera originale o personale. Credo che questo sia il tema di una scrittura contemporanea, come dicevo anche più sopra.

Ho in mente un lettore qualsiasi che conosca l'italiano, non importa a che livello, un lettore qualsiasi, non importa di che estrazione sociale. Ovviamente qui si aprirebbe però un ampio capitolo sulla “visibilità” e reperibilità dei libri da parte di tutti e quindi anche sul rapporto autore/editore in poesia. Riconosco che nel libro richiedo un grande sforzo al lettore ma ciò è anche una possibile forma di rispetto nei suoi confronti, dal mio punto di vista. Oltre al fatto che credo sia importante in questo momento storico mettere il lettore nella condizione di dover pensare, agire, scegliere, diventare artefice di se stesso e del mondo che lo circonda, di essere felice insomma. Ciò richiede meravigliosi sforzi e fatiche. Forse potrei dire che il mio obiettivo trascendentale è quello di un popolo che sia/diventi elite e di una elite che sia/diventi popolo.

Penso che creare in poesia una comunicazione sintattica non stereotipata sia possibile, questo giocando sulle altre variabili disponibili come il contenuto/narrazione, il messaggio della comunicazione, il ritmo, la musicalità... Il fatto stesso che sia una persona nuova a scrivere un nuovo testo aumenta le possibilità di distacco dallo stereotipo. Ancora una volta è importante la persona, cioè l'autore con la sua storia e con l'articolazione del suo pensiero sulle cose del mondo. Anche con la presenza di struttura sintattica le altre variabili credo siano sufficienti a dar luogo a pressoché infinite possibilità originali di scrittura. L'originalità poi oggi può essere raggiunta anche attraverso l'integrazione di altre arti e di altre tecniche (tecnologie).

 Il mio cognome è quello di mia madre. Diciamo che ufficialmente non sono stato “riconosciuto” da mio padre. Mio padre, sin ora, l'ho incontrato una sola volta quando avevo 15/16 anni, anche se ogni tanto ci sentiamo per telefono. Parla un buon italiano, io non parlo la sua lingua di origine. (...) Devo ancora recuperare in maniera sufficiente quella parte di me... Ma lo farò quanto prima.
Grazie a te, di cuore,
A.



Viewing all articles
Browse latest Browse all 366

Trending Articles