Vi siete accorti dell'incredibile salto nell'Europa che ha fatto Sanguineti con Laborintus? E del modo straordinario in cui poi ha coniugato la deriva storica con quella personale negli anni Settanta? E della Ragazza Carla, che ne dite? L'avete letta? Avete colto la complessità del poemetto di Sereni Un posto di vacanza? Tornare alla semplicità? Sì, forse, ma con le nevrosi di Saba e Penna, con la montagna di libri sulle spalle di Caproni. E Zanzotto? Pare che non abbia epigoni oggi.
Non è facile scrivere dopo questo cimitero portentoso? Beh, allora, si smetta o resti tutto nel vostro cassetto, ma non mi si dica: "questa è poesia" perché si sta offendendo il pensiero luminoso di una tradizione che probabilmente non conoscete. Oppure siete troppo presuntuosi per non sentirne la grandezza e non vi accorgete che i vostri versi sono acqua stagna, cispe, escrescenze per dermatologi, macchie da mettere in candeggina. E a voi che siete un passo più avanti, dico di avere l'umiltà, ma soprattutto l'ostinazione per cercare, senza sedervi soddisfatti alla prima rima ben riuscita e dirvi poeti soltanto perché avete vinto un premio. Ma dov'è il tormento, l'insoddisfatta febbre che tiene viva la voce? Comunque sappiate che non si è mai poeti, non lo si è mai abbastanza. E alla fine di ogni testo, non lo si è più, sino al prossimo, se viene.